Scritta da: Francesca Ivone
I miei occhi si appannano
Alla vista di quei visi scarni
Affamati di una vita migliore
Assetati di giustizia
Perché mentre noi ingordi
Mangiamo avidamente
E ci macchiamo i vestiti di sugo
E l'anima di puro egoismo
Loro innocenti vittime
Mordono l'aria
E nel migliore dei casi
Si cibano delle nostre briciole
I miei occhi si appannano
Ma io continuo a masticare.
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    Scritta da: Francesca Ivone
    Una voce bianca e stanca chiede aiuto
    Seguo quel flebile e lacrimoso suono
    C'è una bimba sepolta tra le macerie
    Di una vita che si è trasformata in un incubo
    Due occhi vitrei mi guardano appena
    Pronuncia parole insensate che vagano
    nell'aria stagnante che odora di morte
    il tempo di raccolta è terminato
    la morte ha riempito i suoi grandi sacchi
    è arrivata muta e affamata
    è andata via soddisfatta e con la banda
    si è travestita da onda impazzita e cosi
    ha festeggiato il suo beffardo carnevale
    mentre noi celebriamo le innumerevoli morti
    che il suo sarcastico gioco ha provocato
    il suo riso strozzato echeggia trionfante
    aveva fretta, è scappata velocemente
    ma presto ritornerà...
    cerco di aiutare quella povera fanciulla
    ma non riesce a muoversi,
    il peso opprimente della vita
    schiaccia il suo giovane petto
    continua a balbettare incomprensibili parole
    forse sta pregando l'angelo nero di prenderla
    vuole stare con i suoi genitori
    ma lui è già andato via, è troppo lontano
    non riesce a sentire i suoi lamenti
    così la abbandona al suo nefasto destino
    continua a pronunciare la sua sentenza di morte.
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      Scritta da: Francesca Ivone

      Un cuore solitario piange

      Un cuore solitario piange
      Rinchiuso in una gabbia
      Fatta di colori di luce di suoni
      Guarda lontano
      Vorrebbe fuggire
      Ma è vittima di se stesso
      Di un passato che
      Ha dipinto il suo cielo
      Di pece

      Vorrebbe scappare
      Le corde che a quel posto
      Lo legano vorrebbe spezzare
      Urlare gridare
      Fino a che il cielo
      Non iniziasse a lacrimare
      Allora le sue lacrime
      Si unirebbero alla pioggia
      E bagnandogli la pelle
      Purificherebbero il suo corpo
      Reso immondo dalla sofferenza

      A quel punto
      Fracido di dolori
      Alzando lo sguardo al cielo
      Si accorgerebbe che continua
      A piovere incessantemente
      Ma che il cielo si è tinto
      Di colori che dalla sua gabbia
      Non avrebbe mai potuto scorgere.
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        Scritta da: Francesca Ivone

        Vorrei

        Vorrei mordere la tua pelle bianca
        Strappare i tuoi capelli di seta
        Infuocare i tuoi occhi vaganti
        Spogliarti dal ghiaccio che indossi
        Soffiare con forza le mie paure su di te
        Affinché tu le senta lievi e assillanti
        Baciare le tue labbra pallide e
        Bagnarle con la mia saliva filante
        Aprire la porta della tua contorta anima
        Possedere le tue macabre fantasie
        Percuoterti e ucciderti violentemente
        Nei miei sogni oscuri
        Per la voglia di impossessarmi di te
        Affinché tu sia per sempre mia
        Affinché tu sia sempre accanto a me.
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          Scritta da: Francesca Ivone

          Le spighe di grano

          Le spighe di grano
          Non si muovono
          Passano giorni, mesi, anni
          Loro sono li immobili
          Dondolano al vento
          Non sputano dolore
          Non urlano di gioia
          Non provano amore
          La pioggia le bagna
          Il ghiaccio le irrigidisce
          La tempesta le molesta
          Loro sospirano
          Non reagiscono
          Sopportano ossequiosamente
          Qualcuno le pesta
          Loro si piegano
          Nessuno le ascolta
          Solo il silenzio
          Fa loro compagnia
          Le spighe di grano
          Non si muovono.
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            Scritta da: Francesca Ivone

            Nemmeno una parola.

            La pioggia acida
            Che cade scrosciante
            Bagna le mie
            Labbra stanche di
            tacere per il timore
            Di non essere capite
            La sento gelida
            Scivolare sul mio
            Corpo caldo e nudo
            Comincio a tremare
            Per il freddo pungente
            Le labbra affrante
            Vorrebbero dischiudersi
            E con un'impetuosa
            Folata di amarezza
            Ardere gli alberi
            Secchi e infruttuosi
            Che mi circondano
            Quando trovo il
            Il coraggio di farlo
            Nemmeno una parola
            Resto immobile con
            La bocca schiusa
            Mentre la pioggia acida
            Mi brucia la gola.
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