Le migliori poesie inserite da GIUSEPPE BARTOLOMEO

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Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
Al tramonto scenderò a baciarti
come le onde del mare l'arena
sospesa nei tuoi capelli.
Scenderò con la luce del giorno
nell'abisso della notte
per sentire battere il tuo cuore
assaporando un bacio d'amore.
I colori del tramonto sono rimasti
nei tuoi occhi, trasformati
in una lacrima di tenerezza.
Sentirò il tuo silenzio
maturato in anni di convivenza.
Insieme abbiamo dipinto un'acquerella
sui muri della nostra vita.
Siamo nati in due sotto palme africane,
siamo nati liberi con le gazzelle,
abbiamo spiccato il volo con le cicogne
e da due siamo rinati nel tre.
Oggi al tramonto guardiamo il nido vuoto
in attesa che un altro bacio d'amore
faccia sbocciare un nuovo fiore.
Al tramonto scenderanno a baciarci
prima che la nostra barca varchi l'orizzonte.
Anche loro saranno in tre a spingerci
con una lacrima in una luce
senza tramonto.
Composta martedì 1 settembre 2009
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    Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

    A un amico mozambicano

    Viveva con il vento
    ascoltando nenie antiche
    sotto palme del tempo.
    Camminava con la pioggia:
    un pezzo di pane
    con farina di banane
    e un ritornello
    nato fra la gente.
    Dormiva sotto le stelle
    con le croci del sud
    negli occhi e una canzone
    nata guardando i bufali
    masticare la notte.
    Sognava con l'aurora
    nei forti tramonti
    col rosso del cuore
    e il bianco della morte.
    Era mezzo cieco
    sotto il sole zambesiano
    con la musica nelle vene
    e un cristo nelle mani.
    Non so più niente
    resta solo il suo nome
    perduto nei ricordi.
    Sulla sua tomba
    rumori di tamburi
    e una musica senza
    ritorno.
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      Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
      I simboli sono rimasti nel labirinto
      perduto nei giardini della memoria.
      Il fuoco degli dei del tempio
      è nascosto nelle ceneri del tempo.
      Quanti sacramenti sono diventati tabù
      nel cuore di una folla
      che non crede più!
      Portiamo negli occhi i segni ancestrali
      li decifriamo con il filo d'Arianna,
      ma restiamo muti sotto i monumenti
      non comprendendo quello che hanno dentro.
      Abbiamo visitato prematuri la luna
      mentre altri la venerano di notte.
      Mettiamo il corpo allo scoperto
      nascondendoli in giornali
      senza rispetto.
      I simboli sono rimasti nel labirinto
      di migliaia di giornali morti.
      Ho visto gli uomini stanchi
      di pornografia e miti rotti.
      Ritorneremo a salpare con Ulisse
      su mari di Sirene e Ciclopi.
      Rinasceremo come nuovi dei
      maturando con umani misteri.
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        Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
        All'ombra d'una chiesa romanica
        in questi alti Pirenei aragonesi
        suona una melodia d'organo antico
        che cura i miei strani pensieri.

        I capitelli giocano con la luna
        il rosone è una gran girasole
        gli archi cadenzano una fuga
        che cade dalle finestre col sole.

        Gli occhi frugano nella penombra
        accarezzando una pittura arcana
        da secoli perduta in due colori
        il rosso e nero della fatica umana.

        All'ombra d'una chiesa romanica
        con le note d'un organo antico
        mi piacerebbe salutare il giorno
        l'ultimo giorno della mia vita.
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          Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
          Siamo nati con gli occhi di primavera
          con un grido umano e luna piena.
          Cadevano colori d'arsenio e rose
          su quella notte di accesi dolori.

          Non esistono sogni appesi a ragnatele,
          non ci sono fantasmi in forma di chimera.

          Esiste un uomo solo nato nella notte
          insieme a sua madre in lacrime di gioia.
          È una tavolozza di colori e suoni
          la nascita di un bimbo al nuovo sole.

          Siamo nati nudi sotto le stelle,
          occhi chiusi nel caos del mondo,
          mani vuote toccando il cielo
          cordone ombelicale al vento.

          Cresciamo con gli occhi d'estate,
          agitando sogni nella bianca neve,
          ci inchiniamo al tramonto d'autunno
          per rinascere in una nuova primavera.
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            Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

            Sulla montagna

            Quando il giorno si rompe nelle mani,
            quando il cuore ha paura della notte,
            quando l'uomo spara alle spalle:

            Fuggi, fratello, sulla montagna antica,
            ascolta il suo respiro uscire dalle rocce,
            raccogli il cielo che corre sulla nebbia.

            Non scendere a valle in pieno mezzogiorno,
            il sole distrugge la memoria.
            Misura i tuoi passi al cadere delle foglie,
            il ritmo è musica secolare.

            Quando la sera ti chiama fra le donne,
            quando gli occhi si perdono nella luna,
            quando l'uomo si nasconde nella notte:

            Fuggi, fratello, sulla montagna antica,
            leggi il libro aperto della vita,
            parla con gli uccelli e le lumache.

            Scendi a valle per lavarti al fiume:
            l'acqua lava il corpo e i ricordi
            portandoti lontano fino al mare.

            Il tempo è corto, la barca è lenta
            ma la montagna, il fiume e il mare
            sono le chiavi che ti aprono il domani.
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              Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

              Vacanze del 2017

              Sentivo le onde del mare infrangersi contro l'aurora
              che lentamente si svegliava dopo una notte oscura
              piena di musica stridente e grida di voci senza volto,
              scheletri umani danzando sotto stelle cadenti nel mare.

              La spiaggia era piena di conchiglie morte, ciotoli bianchi
              rotolavano inseguendo la spuma dell'onda che spariva
              nella grossa sabbia della riva calpestata da piedi scalzi
              in cerca di profumi della notte o di stelle perdute nel mare.

              Non so se ero a letto o sognavo sveglio un lunedì diverso
              certo è che mi trovavo volando con occhi aperti nel cielo
              tutto dipinto di labbra femminili con diversi colori di rossetto:
              erano orme lasciate nell'aria o sorrisi frantumati senz'anima?

              Le onde del mediterraneo ballavano al ritmo di remi a mano,
              non so se erano di punici, cartaginesi, greci o schiavi romani.
              Ricordo che le caldi notti di una settimana di vacanze corte
              furono rotte da suoni e voci poco umane chiusi in scogli morti.
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                Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
                Un bimbo muore poggiato solo sulle ossa
                con occhi spalancati dalla fame.
                La madre senza lacrime lo piange
                ricordando quando lo partorì sognando.

                Il suo seno secco si riempie di dolore
                respingendo il sole che la consola.
                Il silenzio circonda questo gruppo umano
                in un'ora che spaventa il sole tropicale.

                Le ombre hanno paura di fermarsi
                accanto a un morto con madre senza pane.
                Non ci sono speranze al sud dell'equatore
                quando il nord getta nei suoi rifiuti
                ciò che altri guadagnano col sudore.

                È stato distrutto l'equilibrio del mondo,
                la povertà si arricchisce di tristezza,
                la ricchezza s'ingrassa di negligenza
                mentre anche oggi muore un sogno.

                Il sud rifiuta le briciole delle ricche mense
                dei tanti epuloni vestiti di magnificenza.
                È meglio morire con la dignità negli occhi
                che essere schiavi di un gioco sporco.

                Domani ritornerà il vero figlio dell'uomo
                farà risorgere i poveri morti dalla fame,
                li guiderà in un antico deserto fiorito
                moltiplicando il loro cibo all'infinito.
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                  Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
                  Dipingevo in sogno quella sera
                  su foglie giallastre d'autunno
                  con un pennello con troppi colori.

                  Sognavo i cavalli dell'Apocalisse
                  in quei giorni bardati di furore.
                  Vedevo ombre con piedi scalzi
                  danzare al chiarore della luna.

                  Un pipistrello scivolava nell'aria
                  tessendo ragnatele intorno al lampione.
                  Ero solo sul davanzale del tempo
                  osservando la notte che avanzava
                  mentre bruciavo fantasmi appena nati.

                  Non si può vivere nella sera
                  con occhi fissi su colori ardenti.
                  La notte è fatta per maturare da soli
                  le proprie allegrie e gli altrui dolori.

                  Quella notte non dipingevo su foglie:
                  il pennello non accettava più i miei timori
                  depositati su tavolozza senza colori.
                  Composta lunedì 30 novembre 2015
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