Poesie preferite da Leonardo Giujusa

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Chiedo silenzio

Ora, lasciatemi tranquillo
Ora, abituatevi senza di me.
Io chiuderò gli occhi.
E voglio solo cinque cose,
cinque radici preferite.
Uno è l'amore senza fine.
La seconda è vedere l'autunno.
Non posso vivere senza vedere che le foglie
volino e tornino alla terra.
La terza è il grave inverno,
la pioggia che ho amato, la carezza
del fuoco nel freddo silvestre.
La quarta cosa è l'estate
rotonda come un'anguria.
La quinta cosa sono i tuoi occhi.
Matilde mia, bene amata,
non voglio dormire senza i tuoi occhi,
non voglio esistere senza che tu mi guardi:
io muto la primavera
perché tu continui a guardarmi.
Amici, questo è ciò che voglio,
È quasi nulla e quasi tutto.
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    Scritta da: Jean-Paul Malfatti

    El pájaro yo

    El pájaro yo

    ME llamo pájaro Pablo,
    ave de una sola pluma,
    volador de sombra clara
    y de claridad confusa,
    las alas no se me ven,
    los oídos me retumban
    cuando paso entre los árboles
    o debajo de las tumbas
    cual un funesto paraguas
    o como una espada desnuda,
    estirado como un arco
    o redondo como una uva,
    vuelo y vuelo sin saber,
    herido en la noche oscura,
    quiénes me van a esperar,
    quiénes no quieren mi canto,
    quiénes me quieren morir,
    quiénes no saben que llego
    y no vendran a vencerme,
    a sangrarme, a retorcerme
    o a besar mi traje roto
    por el silbido del viento.
    Por eso vuelvo y me voy,
    vuelo y no vuelo pero canto:
    soy el pájaro furioso
    de la tempestad tranquila.

    L'io uccello

    Mi chiamo Pablo, l'uccello,
    l'uccello di una sola piuma,
    il volatore d'ombra chiara
    e di chiarezza confusa,
    le ali non mi vedono,
    le mie orecchie risuonano
    quando passo tra gli alberi
    o sotto le tombe
    così come uno sfortunato ombrello
    o come una spada sguainata,
    teso come un arco
    o rotondo come un'uva,
    volo e volo senza saperlo,
    girato nella notte buia,
    chi viene ad aspettarmi,
    chi non vuole il mio cantare,
    chi mi vuole morto,
    chi non sa che sono arrivato
    e non verrà a battere,
    a sanguinare, torcere
    o baciare il mio vestito rotto
    dal fischio del vento.
    Così vengo e me ne vado,
    volo e non volo, ma canto:
    sono l'uccello furioso
    della tempesta tranquilla.
    Composta lunedì 8 aprile 2013
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Capitano! Mio Capitano!

      O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato,
      la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambìto premio è conquistato,
      vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
      occhi seguono l'invitto scafo, la nave arcigna e intrepida;
      ma o cuore! Cuore! Cuore!
      O gocce rosse di sangue,
      là sul ponte dove giace il Capitano,
      caduto, gelido, morto.

      O Capitano! Mio Capitano! Risorgi, odi le campane;
      risorgo - per te è issata la bandiera - per te squillano le trombe,
      per te fiori e ghirlande ornate di nastri - per te le coste affollate,
      te invoca la massa ondeggiante, a te volgono i volti ansiosi;
      ecco Capitano! O amato padre!
      Questo braccio sotto il tuo capo!
      È solo un sogno che sul ponte
      sei caduto, gelido, morto.

      Non risponde il mio Capitano, le sue labbra sono pallide e immobili,
      non sente il padre il mio braccio, non ha più energia né volontà,
      la nave è all'ancora sana e salva, il suo viaggio concluso, finito,
      la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo, la meta è raggiunta;
      esultate coste, suonate campane!
      Mentre io con funebre passo
      Percorro il ponte dove giace il mio Capitano,
      caduto, gelido, morto.
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        Il paradosso del nostro tempo nella storia
        e che abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse,
        autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.

        Spendiamo di più, ma abbiamo meno, comperiamo di più, ma godiamo meno.
        Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tempo.
        Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio,
        più esperti, e ancor più problemi, più medicine, ma meno benessere.

        Beviamo troppo, fumiamo troppo,
        spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco,
        guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo,
        facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi,
        vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.

        Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori.
        Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo troppo spesso.
        Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere.
        Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.
        Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo
        ad attraversare il pianerottolo per incontrare un nuovo vicino di casa.

        Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno.
        Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori.
        Abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima.
        Abbiamo dominato l'atomo, ma non i pregiudizi.
        Scriviamo di più, ma impariamo meno.
        Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno.
        Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.
        Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni,
        per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.

        Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta,
        grandi uomini e piccoli caratteri,
        ricchi profitti e povere relazioni.
        Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi,
        case più belle ma famiglie distrutte.

        Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta,
        della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei corpi sovrappeso,
        e delle pillole che possono farti fare di tutto, dal rallegrarti, al calmarti, all'ucciderti.

        È un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina e niente in magazzino.
        Un tempo in cui la tecnologia può farti arrivare questa lettera,
        e in cui puoi scegliere di condividere queste considerazioni con altri, o di cancellarle.

        Ricordati di spendere del tempo con i tuoi cari ora,
        perché non saranno con te per sempre.

        Ricordati di dire una parola gentile a qualcuno che ti guarda dal basso
        in soggezione, perché quella piccola persona presto crescerà, e lascerà il tuo fianco.
        Ricordati di dare un caloroso abbraccio alla persona che ti sta a fianco,
        perché è l'unico tesoro che puoi dare con il cuore, e non costa nulla.

        Ricordati di dire "vi amo" ai tuoi cari, ma soprattutto pensalo.
        Un bacio e un abbraccio possono curare ferite che vengono dal profondo dell'anima.

        Ricordati di tenerle le mani e godi di questi momenti, un giorno quella persona non sarà più lì.

        Dedica tempo all'amore, dedica tempo alla conversazione,
        e dedica tempo per condividere i pensieri preziosi della tua mente.

        E RICORDA SEMPRE:
        la vita non si misura da quanti respiri facciamo,
        ma dai momenti che ci li tolgono.
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