Non togliermi il sapore dei tuoi capelli e dei baci salati quando giacciamo sulla rena fine del bagnasciuga dove il monotono suono della risacca, del frangersi infinito delle onde assomiglia al nostro amarci senza sosta né tregua.
Sei un volto a me ben noto, tale all'unico della sfera lunare dove le pianure sono mari di pensieri, identici all'armonia del nostro destino.
Rappresentano un'idea opposta al percorso nella strada maestra della vita precedente: ti distacchi dall'apparenza che inganna e trasmetti vibrazioni sinora ignote. La cometa più ardente di desideri.
Sotto il tetto luminoso del cielo, siamo un lampo nel buio della notte e ci corichiamo su un tappeto di fili d'erba felici solo di poter giacere uniti.
Ci desterà il sole che s'alzerà dall'orizzonte, la luce rosea che fiorirà nell'alba.
Poi cammineremo verso il greto del fiume e c'immergeremo, nuotando controcorrente com'è nella vita il nostro cammino.
Nella notte silenziosa stelle calme brillano nel guscio del cielo, sabbia di clessidra scorre tra impalpabili visioni e siamo io e te, foglio che mi sfidi a tessere il gioco delle idee.
Con ali di cera, vagabondo a casa mia, viaggio sul pavimento lastricato della fantasia e l'aquilone dei sogni vola come vibra questa vita, arco teso di una memoria che non si può cancellare.
Il vaso di creta dei ricordi annega di dolore il calamaio, gli occhi fasciati di nebbia sono lo specchio d'un'anima che cerca la propria isola scacciando i fantasmi della solitudine e vorrebbe librarsi nell'aria tale al merlo recalcitrante alla prigionia della gabbia.
Nel gelo di questa stanza- non basta la vecchia stufa a legna, il letto è di ferro, la coperta sempre troppo corta- la teca ardente dei pensieri sillaba un vortice di versi muti che vanno a incastonarsi nell'aurora nascente tracciando i contorni di fiabe d'eroi leggendari.
Sarà nel soffio di luce d'un nuovo mattino che la mia mano dalle dita callose, le membra in subbuglio, s'arrenderà alla stanchezza delle parole andando a sognare una nuova poesia.
Tu sei la superba creatura dell'universo fiorita da un bagliore colto per caso in una notte di ghiaccio e priva di stelle perché il vero astro nascente sei tu, colei che abbaglia i miei occhi smeraldo con la luce dei suoi pensieri e del suo volto.
E sarà così sinché i nostri petali non appassiranno, nel filo d'una treccia indissolubile, una magica alchimia d'amore che ci unisce immensa e sterminata come un tappeto di tulipani il cui rosso scarlatto è il colore del nostro mondo di passione fra le lenzuola.
È solo nelle forti tempeste di maestrale il disperdere tempo prezioso - immense ondate s'infrangono impetuose tra le conchiglie. Giorni inutili del pescatore, sin col nonno, nel paese, unica parlata il dialetto, ad apprendere i dettagli del mestiere. Presto con i compagni di conoscenze a sortire nell'alba dal porticciolo, la fragile chiglia solca in ogni stagione il saliscendi a intervalli del mare, il motore scoppietta calcolata miscela. È un costante perseverare nello scandagliare i fondali sabbiosi in cerca di sorgenti fruttifere. L'unico strumento a disposizione dalla nascita nell'arrampicare gli stenti, svicolare tra le enormi pietre predisposte. La casa è diroccata - nei muri crepe e muffa - e l'allusione all'amore poco gli appartiene, sino a una scarna prole a cui dare pane. Le rughe di sale presto corrugheranno il viso, dalla gioventù la pelle ne era già segnata e, forse, un giorno qualsiasi, un pericolo mortale, per una barca che n'è talmente incurante, apporrà il punto, nei flutti, al dolore.
Tu hai il sorriso di un angelo dolce che mi accompagnerà passeggiando per mano per bagnasciuga con cascate di spuma dove le nostre orme sulla rena fine saranno come le scie dei nostri pensieri intrecciati come ghirlande di fiori.
Il sorriso della stella più splendente, dapprima un bagliore nella notte silenziosa e poi astro che m'abbaglia come la luce del nocciola dei tuoi occhi apparsi d'improvviso a stregarmi che aprono per me tutte le porte del cielo.