Scritta da: Maria Antonietta Crescente

Lei

Come laconico barlume d'occhi teso verso la serena immensità celeste,
mendica l'ultimo orizzonte del tempo e del pianto,
cogliendo risposta nel frutto acerbo del mai e nei petali appassiti di dolore.
Lei.
Sospira e si dimena bramando un orecchio spiegato
che conceda asilo alle sue urla afone ed erranti,
- disperate-.
Lei.
Fu madre di una delicata creatura che mai conobbe battito di cuor
- o di ciglia-
ma solo un fermo scuotere di corpo inflessibile a lontane preghiere
e al pianto - materno - del cielo.
Il vento soffia forte, sente il puzzo, lo esala.
È... La morte.
Tra preghiere e scongiuri, false promesse
giunge ancor il suo gemito, stanco, ma arriva.
Cullato da sinfonie piagnucolanti.
Morte non può vincere.
Il Creatore solo sa quanto vorrebbe cedere la sua vita
- tutta intera-
per un solo respiro di quella sua creatura.
Ancora una volta è la mano del Padre a restituire la vita.
Avviene il miracolo.
Anima rigettata come esca nel mare e ripescata dall'amore.

- in tempesta-
Lei.
Osserva quelle sue piccole mani cresciute per agguantare la presa del mondo,
maturate per sete e fame.
Dal buio della morte alle strade del vento giunge ai piaceri della terra
Lei.
Affamata, smarrita, impaurita.
Cerca e trova.
Con affanno ruba vita, tra un battito e un altro...
Fornace del desiderio. Consumato
-forse.
Si perde, si ritrova, si arrende, si mescola e recupera la bellezza smarrita,
come fuoco che divampa
-cammina-
e lascia traccia.
Composta giovedì 14 ottobre 2010
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    Scritta da: Maria Antonietta Crescente

    Sulla fronte, come un lampo

    Ravviva la coltre di nubi
    bagnata dal ricordo di tempesta,
    così il bacio
    - abbagliante di peccato -
    dissipa il tumulto delle ombre.
    Poi, s'affioca nel nulla.
    Straniero...
    Il ritmo del tempo riparte veloce,
    rimescolo il mio riflesso allo specchio;
    bocca sfatta di rossetto,
    viso stropicciato, piegature sulla pelle.
    Stesso vestito sventrato, deriso, abbandonato.
    Attorno agli occhi
    kajal nero oltraggia la realtà
    cola e macchia il silenzio
    solcato da note stillanti lacrime...
    La verità della visione
    intorpidisce l'aria.
    Divampa la lussuria
    nell'ardore di una luce scarlatta.
    Lui, spettatore, acclama discosto e
    cede alla tentazione della Natura.
    Come sempre.
    Addenta il frutto del destino acerbo.
    Ora inebriati dallo stesso odore selvaggio.
    Essenza di sempre...
    Infervora il desiderio del letale bacio, un altro ancora a ridestar l'abbaglio.
    Immutato suono di parole presagite
    come eco aliena al cuore
    Esausta...
    Ucciderò l'amore.
    L'ordito del passato si dipana come trama di un canto...
    Svenata di lottare sola,
    sfido i limiti della terra,
    ulissiache colonne d'Ercole,
    preludio dell'incompiuto "Nostos".
    Nessuno il nome che l'Amore porta...
    Composta venerdì 11 giugno 2010
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