Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio
Ho già vissuto questo momento.
Stanotte ho sognato di essere proprio qui
su questa spiaggia bianca.
Nell'aria lo stesso profumo di gelsomino
laggiù la buganville
qui davanti lo stesso mare agitato.
Però nel sogno mi voltavi le spalle
e te ne andavi
senza un bacio né una parola
senza girarti nemmeno una volta...
Composta mercoledì 17 giugno 2009
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    Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio
    Ha indossato la camicia, ha preso l'ombrello
    non ha detto parola
    nemmeno io.

    Dpo che se n'è andato
    sono rimasta innanzi allo specchio
    ho estratto la lingua
    per vedere se erano rimaste impigliate delle parole.
    Purtroppo ho visto solo muscoli e vene.

    Ho ritirato la lingua
    sono scoppiata a ridere
    la risata non è una parola - poi ho infranto lo specchio.

    Da quel momento
    ho continuato a infrangere specchi
    invano
    cercandone uno
    che non riflettesse
    più, uno specchio
    che infrangesse me.
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      Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio
      Tempo verrà
      in cui, con esultanza,
      saluterai te stesso arrivato
      alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
      e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,

      e dirà: Siedi qui. Mangia.
      Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
      Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
      a se stesso, allo straniero che ti ha amato

      per tutta la vita, che hai ignorato
      per un altro e che ti sa a memoria.
      Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,

      le fotografie, le note disperate,
      sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
      Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.
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        Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio

        Appuntamento a ora insolita.

        La città - mi dico - dove l'ombra
        quasi più deliziosa è della luce
        come sfavilla tutta nuova al mattino...
        "... asciuga il temporale di stanotte"... ride
        la mia gioia tornata accanto a me
        dopo un breve distacco.
        "Asciuga al sole le sue contraddizioni"
        - torvo, già sul punto di cedere, ribatto.
        Ma la forma l'immagine il sembiante
        -d'angelo avrei detto in altri tempi -
        risorto accanto a me nella vetrina:
        "caro - mi dileggia apertamente - caro,
        con quella faccia di vacanza. E pensi
        alla città socialista?"
        Ha vinto. E già mi sciolgo: "Non
        arriverò a vederla" le rispondo.
        (Non saremo più insieme dovrei dire).
        "Ma è giusto,
        fai bene a non badarmi se dico queste cose,
        se le dico per odio di qualcuno
        o rabbia per qualcosa. Ma credi all'altra
        cosa che si fa strada in me di tanto in tanto
        che in sé le altre include e le fa splendide,
        rara come questa mattina di settembre...
        giusto di te fra me e me parlavo:
        della gioia."
        Mi prende sottobraccio.
        "Non è vero che è rara, - mi correggo - c'è,
        la si porta come una ferita
        per le strade abbaglianti. È
        quest'ora di settembre in me repressa
        per tutto un anno, è la volpe rubata che il ragazzo
        celava sotto i panni e il fianco gli straziava,
        un'arma che si reca con abuso, fuori
        dal breve sogno di una vacanza.
        Potrei
        con questa uccidere, con la sola gioia..."
        Ma dove sei, dove ti sei mai persa?
        "È a questo che penso se qualcuno
        mi parla di rivoluzione"
        dico alla vetrina ritornata deserta.
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          Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio

          Ballata delle donne

          Quando ci penso, che il tempo è passato,
          le vecchie madri che ci hanno portato,
          poi le ragazze, che furono amore,
          e poi le mogli e le figlie e le nuore,
          femmina penso, se penso una gioia:
          pensarci il maschio, ci penso la noia.

          Quando ci penso, che il tempo è venuto,
          la partigiana che qui ha combattuto,
          quella colpita, ferita una volta,
          e quella morta, che abbiamo sepolta,
          femmina penso, se penso la pace:
          pensarci il maschio, pensare non piace.

          Quando ci penso, che il tempo ritorna,
          che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
          penso che è culla una pancia di donna,
          e casa è pancia che tiene una gonna,
          e pancia è cassa, che viene al finire,
          che arriva il giorno che si va a dormire.

          Perché la donna non è cielo, è terra
          carne di terra che non vuole guerra:
          è questa terra, che io fui seminato,
          vita ho vissuto che dentro ho piantato,
          qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
          la lunga notte che divento niente.

          Femmina penso, se penso l'umano
          la mia compagna, ti prendo per mano.
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            Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio

            Don Chisciotte

            Il cavaliere dell'eterna gioventù
            seguì, verso la cinquantina,
            la legge che batteva nel suo cuore.
            Partì un bel mattino di luglio
            per conquistare il bello, il vero, il giusto.
            Davanti a lui c'era il mondo
            coi suoi giganti assurdi e abietti
            sotto di lui Ronzinante
            triste ed eroico.

            Lo so
            quando si è presi da questa passione
            e il cuore ha un peso rispettabile
            non c'è niente da fare, Don Chisciotte,
            niente da fare
            è necessario battersi
            contro i mulini a vento.

            Hai ragione tu, Dulcinea
            è la donna più bella del mondo
            certo
            bisognava gridarlo in faccia
            ai bottegai
            certo
            dovevano buttartisi addosso
            e coprirti di botte
            ma tu sei il cavaliere invincibile degli assetati
            tu continuerai a vivere come una fiamma
            nel tuo pesante guscio di ferro
            e Dulcinea
            sarà ogni giorno più bella.
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              Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio

              Autobiografia in cinque corti capitoli

              Capitolo primo
              Cammino lungo una strada.
              C'è una buca profonda nel marciapiede.
              Ci casco dentro.
              Sono perduto,
              non posso farci nulla,
              non è colpa mia.
              Ci metto una vita per uscirne.

              Capitolo secondo
              Cammino lungo la stessa strada.
              C'è una buca profonda nel marciapiede.
              Faccio finta che non ci sia.
              Ci casco dentro.
              Non posso credere di essere ancora nello stesso posto.
              Ma non è colpa mia.
              Mi ci vuole un sacco di tempo per uscirne.

              Capitolo terzo
              Cammino lungo la stessa strada.
              C'è una buca profonda nel marciapiede.
              La vedo benissimo.
              Ci casco dentro di nuovo;
              è un'abitudine.
              Ma i miei occhi sono aperti:
              so dove sono.
              È colpa ma.
              Ne esco immediatamente.

              Capitolo quarto
              Cammino lungo la stessa strada.
              C'è una buca profonda nel marciapiede.
              Ci cammino intorno.

              Capitolo quinto
              Me ne vado per un'altra strada.
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                Scritta da: Maria Teresa D'Onofrio

                A te si arriva

                A te si arriva solo attraverso te.
                Ti aspetto.
                Io sì che so dove mi trovo,
                la mia città, la via, il nome
                con cui tutto mi chiamano.
                Però non so dove sono stato con te.
                Là mi hai portato tu.
                Come avrei imparato la strada
                se non guardavo nient'altro che te,
                se la strada era dove tu andavi,
                e la fine fu quando ti sei fermata?
                Che altro poteva esserci
                più di te che ti offrivi, guardandomi?
                Però adesso che esilio,
                che mancanza,
                e lo stare dove si sta.
                Aspetto, passano i treni,
                i destini, gli sguardi.
                Mi porterebbero dove non sono stato mai.
                Ma io non cerco nuovi cieli.
                Io voglio stare dove sono stato.
                Con te, ritornarci.
                Che intensa novità,
                ritornare un'altra volta,
                ripetere mai uguale
                quello stupore infinito.
                E fino a quando non verrai tu
                io resterò sulla sponda
                dei voli, dei sogni,
                delle stelle, immobile.
                Perché so che dove sono stato
                non portano né ali, né ruote, né vele.
                Esse vagano smarrite.
                Perché so che dove sono stato con te
                si va solo con te, attraverso te.
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