Scritta da: Michela

L'addio

Sono giorni che le cerco
in fondo allo stomaco,
all'inizio dell'intestino,
tra le mie dita;
sommerse dalle ciglia
impregnate di quelle lacrime
che non sanno fermarsi.
Poi un singhiozzo notturno,
un rigurgito di suoni,
di versi strozzati,
di silenzi stravolti.
Ed eccole emergere
come buttate fuori dal fondo
di quel pozzo che non ha fine.
Le mie parole,
per descrivere un dolore
che non ha colore,
non odore, né sapore.
Ma si vede negli incubi notturni,
nel somatizzare l'inquietudine
su di un corpo segnato,
troppo sincero ed opprimente
per essere creduto.
Un dolore che non ha pace
che ritorna nella malattia,
alla ricerca di una cura
che lo possa stordire
e poi ammutolire.
Il tuo dolore
che mi urli in faccia,
tu, falso testimone di buoni propositi.
Il tuo dolore
rinchiuso nel mio corpo
che continui a tormentare.
Una parola ti chiedo di darmi,
quella che mi ridarà la pace:
Addio.
Composta sabato 17 ottobre 2009
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