Scritta da: Myškin

Il mio Tutto

Sei sempre un po' più grande
quando ti sogno.
Hai la stessa bellezza
che muove i miei universi
ma ti riempio anche
delle mie frustrazioni,
di quello che eri,
così folle e irreale;
di quello che potresti essere,
irreale e folle da far male.

È vero, ascoltami, mi sono perduto.
Non so quanto potrà durare tutto questo
ma a chi ti può guardare tutti i giorni
io auguro di impazzire, come me
che ti ho vista solo due notti
con un piede in un sogno,
e uno in un altro.
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    Scritta da: Myškin

    Sigaretta

    Accendo la sigaretta.
    La lingua è interdetta
    ma le parole scorrono
    ugualmente,
    sulla carta
    e nella mente,
    come un fiume di cadaveri,
    storpi cercando la riva
    tra i papaveri,
    e le rime si sciolgono
    entrano in conflitto,
    l'ultima parola ferma
    non se ne vuole andare
    altre parole muoiono
    nel capo confitto,
    nella fine insperata
    qualcuna si esaurisce
    sul foglio,
    parola disperata,
    parola di cordoglio,
    per un impeto disilluso,
    rime gettate sul fuoco
    confuso.
    Diventano una parata
    sfiorita,
    e la vita assume le sembianze
    di una sconfinata
    ribalta,
    la cima è troppo alta,
    parole si aggrappano
    cadono, vacillano
    ma non scappano al destino
    deridente e mordace,
    perse tra i denti
    di un mastino vorace,
    zampillano e stridono,
    si contorcono, e sfumano
    tra i vagiti
    offuscando le insegne.
    I giochi sono finiti,
    la sigaretta si spegne.
    Composta lunedì 1 gennaio 2018
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      Scritta da: Myškin

      La tela

      Attraverso filtri chimici
      riesco a scriverti
      che dalla tela del ragno
      solo i sogni riescono a scappare,
      ed anche vecchi risentimenti
      per quello che ci hanno fatto
      ed è passato inosservato.
      Errori imperdonabili da perdonare
      quelli inaccettabili da accettare,
      senza vincita né perdita,
      perché solo il ragno sta a giocare.
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        Scritta da: Myškin

        In principio era il verbo

        Assumere e
        assunsi.
        Sapore di te
        l'alba di te.
        Nascosi
        i tuoi seni
        tra i miei palmi.
        La rotta collide.
        Sparpagliati i semi.
        Sorge da lontano
        una veste
        da sinistra a destra
        seguo con lo sguardo
        e poi al mio fianco.

        Vissi due volte
        all'ombra delle tue ciglia.
        Sono qui
        su le tue labbra

        Assumere.
        Assumi.
        Non ricordo
        dov'eravamo.

        Non so dove siamo.
        Su le tue labbra.
        sì!
        e in nessun altro luogo.

        Ancora un poco.
        Giocami seriamente.
        Separàti
        divelti
        due gigli,
        una parola.

        Vaniglia.
        E detergiti
        con la mia voce
        placida,
        sconfitta,
        disinteressata.

        Tutto ritorna
        così stanco.
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          Scritta da: Myškin

          Limbo

          La passione di altri
          ci ritrova così
          due anime ora pallide
          stanche e accondiscendenti
          sfumiamo via
          restando rappresi
          sulle foglie di alberi
          poco distanti.
          Il nostro viaggio non ha più una testa
          e si può andare
          anche da nessuna parte,
          perché a fermarsi non è nessuno.
          Qualcosa si compie
          incessantemente,
          e ogni sosta è un'uscita di strada,
          in cui ancora fatichiamo a rientrare,
          tu rinchiusa in un bagno,
          io nello sfratto del tempo
          che gli altri dormono.
          E nei momenti in cui brilliamo
          non c'è più nessuno a guardare.
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            Scritta da: Myškin

            Grottesco

            Ci hanno lasciati ancora vicini,
            siamo due scomodi pupazzi
            che sperano in una scarica elettrica.
            Che il cielo ci fulmini.
            Scivolo e ti poso la testa sul ventre.
            Tu non mi guardi
            e non puoi accarezzarmi,
            ma non lo dici.
            Certo che capisco.
            Immaginiamo che sia...
            Grottesco è il nome che si da,
            nei pomeriggi piovosi
            su divani polverosi
            agli eventi inventati
            che ci scoprono
            impotenti.

            Un fulmine che ci rimbalzi per il cervello.
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              Scritta da: Myškin

              Due parole

              Si sgola
              la sacerdotessa,
              l'infante prende fuoco
              fra le braccia dell'inesperta madre.
              Mi piace quest'isola sperduta,
              non perché minacciosa
              o sadicamente franca,
              ma perché
              qualunque cosa chiamerai
              (e l'assurdo risponde)
              se verrà
              non giungerà che stanca.
              Un aborto unto
              nel rigurgito dell'onda.

              Penso.
              La morte è sempre qui,
              tra le parole,
              nelle parole,
              ma non è mai parola.

              Solo richiamo.

              Un uomo vecchio
              al freddo s'accovaccia,
              lontano lontano.
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                Scritta da: Myškin

                Morte da attore

                Ho bisogno di pensare a me stesso.

                Come se anch'io
                avessi una posizione
                da mantenere.
                Il nero passa,
                il grigio resta,
                la noia reagisce
                e la vita si sfascia.

                Ma permettimi...
                resterò denutrito
                sul margine della fossa ingorda,
                che vibra dalla tentazione,
                richiamandomi alla condanna
                come un venditore
                affamato di disperazione.

                Ricordo i grandi pilastri.

                Giunto alla corda,
                guardo alla sedia,
                indeciso se fare
                un passo
                nella commedia.
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                  Scritta da: Myškin

                  Soffitta

                  La notte abdicò per tutti
                  e decise di accudire me e te
                  nel piccolo spazio in cui
                  ognuno rivelava all'altro
                  i sogni rimasti intatti,
                  quelli protetti tra grandi guerre
                  nelle catastrofi delle nostre vite,
                  e che ci donavamo nella paura
                  di osar credere ancora a quel destino,
                  il primo,
                  dopo che ogni cosa abbiamo visto cedere,
                  dopo che credere è diventato morire,
                  e spinti ci hanno in direzioni opposte
                  tanto che forse non è vero che ti voglio,
                  tanto che forse sono crollato anch'io.
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