Sospeso tra foglie secche e nuvole d'argento, Al librarsi d'un vento gentile la mia anima s'appaga, e nel calor d'un raggio di Sole m'arresto a contemplare ciò che è. Un sorriso dimenticato cerca la sua strada sulle labbra stanche, Cercando il ricordo d'una primavera ormai lontana.
Frasi forti, ancorate ad attimi di saggezza Di mera e amara consapevolezza frivola e insicura. Da solo l'albero nel mezzo del meriggio stava, ben infisso nel terreno e libero dal sé. Il Sole sulla nuca ed il vento tra i capelli, Nutrito da quel attimo di pioggia ramingo vago In un piccolo universo, i miei passi ben infissi nel terreno e soffocato da me stesso. La fiaccola che sorreggeva il mio stupore Non disseta più come un tempo, non per suoi minori raggi Ma per mio attimo di distrazione. E fu così che il peso tolto dal mio cuore Torna torto e doppio sicché io pianga Per la gioia persa. Oh mia fiaccola, la fame di te mi manca Più d'ogni altra sazietà di vita.
Troppe volte la mia bocca s'è riempita In furor di vomito fluir dalla mia anima Di parole al richiamar d'un sentimento Il quale morente m'abbandona. E fu così che la stagione mia perfetta In fulgido amor per la mia vita La riempì e l'adornò d'ogni buono sentimento Il quale morente m'abbandona. L'illuminar di un immenso troppo dolce Mi sfociava sulle labbra e dagli occhi In salati fiumi lungo le gote allegre Le quali si ritraggono fulminee in una fredda notte La luce, morente, m'abbandona.