Sfioro temporali di grida e rose, di incubi e tristezze, di girasoli spenti alla notte e stagni dove galleggiano smarrite le lacrime, dove il cielo sconfina nella stanza, dove aleggia ancora tutto di te.
Dove viaggiano i miei piedi, persino nella totale cecità della vista, del suono, dell'orientamento e dell'olfatto, viaggiano spinti da un richiamo incantato, incomprensibile all'esterno, la magia che spinge i battiti del mio cuore verso i battiti di un equino, nella totale estasi di una libertà impagabile.
Conosco la donna che so di non essere, quella a lungo piegata ai voleri di un uomo padrone del mio destino, quella legata e impossibilitata dalle scelte, dalle idee personali che scalpitano con forza feroce, quella dal capo chinato che acconsente senza ribellarsi, quella capace di rivoluzionare in un secondo anni di tormenti e sottomissioni. Conosco la donna che so di non essere, di non poter mai divenire, di non poter mai controllare, soggiogare, rinchiudere negli angoli più reconditi della mia mente e anima, la stessa che in realtà si è sempre manifestata sotto le spoglie di uno spirito spento dalla realtà odierna. Conosco la donna che in me non potrebbe mai essere domata, addomesticata, resa docile. Quella fiamma che tutto sovrasta, immune alla tentazione della vendita, del banale, del comune. Pecora nera nel mezzo di un gregge bianco, fiera nel mezzo di una spersonalizzazione globale che non rende alcuna giustizia ai caratteri. Conosco la donna che non sono.