Transumanza
Africa, tempo di siccità. La savana era pietosamente riarsa sotto un sole duro, spietato, gli Gnu si stavano raccogliendo in quella densa atmosfera polverosa che sapeva di sudore, l'ultimo, appicicaticcio, di lamenti dei piccoli. Un rumore sordo di zoccoli impazienti di calpestare nuova erba. Gole riarse sollevate al cielo imploranti acqua, occhi roteanti che facevano balenare solo il bianco delle cornee in quella immensa calura. Ad un tratto milioni di capi ebbero un fremito, laggiù, davanti a quella marea di corpi dolenti uno di loro si stava allontanando lento sferzando l'aria con coda. Come un sol corpo la mandria si mosse seguendolo, dipanandosi, sgranandosi. I più forti prima e lentamente a seguire gli altri. Su questa massa stordita il sole lentamente calava all'orizzonte, rosso fuoco accompagnato da una bruma soffocante, caliginosa. La marcia si snodava ampia, quasi immensa, poi ad un certo punto il capo colpito da qualcosa che solo il destino poteva sapere compie un arco che a poco a poco diventa un cerchio al contrario del senso di marcia e fende la mandria che si ferma improvvisamente accalcandosi, corpi su corpi che si calpestano, inarcano le schiene piagate, frastuono di muggiti al cielo inconsapevole spettatore di tanta sofferenza. Le froge al vento ad annusare l'aria fetida alla ricerca di un segno, un'odore, una vibrazione d'acqua. Il sole si spegne all'orizzonte, ma nulla si ferma in quella maledetta savana, il capo riprende a camminare, frustando l'aria con la coda, dimenando il capo quasi avesse capito, sentito la meta, intorno occhi attenti fauci spalancate attendevano nel buio il loro pasto fatto di creature obnubilate che continuavano a marciare indifferenti verso la loro meta.
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