Appunti di un fegato

"Mr. Cervello, saremmo grati che lasciasse almeno due righe la prossima volta che decide di abbandonare la nave."
"Vedo che le rimane ancora del tempo libero... forse non le ho dato abbastanza lavoro."
Fanculo lui e chi era. Il boss. Il mio ruolo mi si addiceva a pennello. Pulire smerdate di una serata finita male era sempre stato il mio forte. Per quanto gli anni passino un duro è duro, cazzo.
Il report al resto della banda non fu certo una passeggiata: bronchi e polmoni avevano già i loro cazzi da smazzare, mentre il cuore era ormai perso nel suo paradiso onanistico.
Rimaneva l'anima, confusa come al solito nella sua non-posizione. Gli occhi a palla e la saliva stordita agli angoli della bocca.
Eppure irremovibile.
Impassibile a ogni discorso, senza interrompere il suo strano ballo, snocciolava conclusioni spesso inutili. O discretamente scontate.
A modo suo sapeva sempre stupirti.

Nell'avvicinarmi il cenno fu eloquente. A ribadire che un grande sa sempre quando è il momento di muoversi. E non lo era.
Guardò il cervello festeggiare barcollando fra le braccia di una mediocre felicità truccata a puntino... verso la porta dei demoni.
A stento capiva che il massimo della gloria sarebbe stato un risveglio fra i mortali.
Lei invece lo aveva imparato fin da subito. E più si allontanava in silenzio, più capivamo che la vera gioia non fa rumore.

Tornammo tutti ai nostri posti, in attesa che Capitan Cervello tornasse sobrio alle sue mansioni. Nel frattempo la nave aveva preso il largo...
Composto lunedì 18 maggio 2009

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