Il semaforo rosso, la pubblicità in tv, la sala d'attesa di uno studio medico, la fila alla cassa del supermercato: ho qualche problema con l'attendere! Mi sono sempre immaginata ad attendere in qualche attico con la paura dello scorrere inesorabile del tempo che mi attanaglia il cuore. Aspetto una carezza, aspetto una chiamata, aspetto un si. Disfo una tela durante la notte che ho cucito nel mio pesante giorno. Ho fatto il check-in e aspetto la mia partenza, il mio volo. Aspetto qualcosa dall'aspetto rassicurante. Aspiro al meglio e m'ispiro al peggio e, in fondo, aspetto una via di mezzo. Aspetto in una spirale di inquietudine e sospensione, cucendo gli eventi che mi piovono addosso con lo spago di canapa e sparo a zero sui capi di sartoria raffinata. Attesa atroce, attimo dopo attimo, io, attonita, attrice e comparsa, protagonista ed antagonista insieme, con la mia attitudine alla disfatta, attorcigliata nella catena delle insicurezze, impiego il mio tempo permanendo in uno spazio attiguo ed angusto, attratta dal futile e fugace furore e ritorno ad imbastire con pazienza la tela con un fuso ritmico e pungente. Aspetto il mio giorno con in cielo il sole giallo e la carezza del vento che piega i giunchi ed io, con le mani giunte, raggiungo il mio destino.
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