Scritto da: Dario Russo

Un biglietto per Reykjavík

Contro ogni previsione e desiderio personale, insegnerà Storia e Filosofia in un liceo fuori città – trenta minuti d'autobus per arrivarci e trenta per tornare a casa, quattro giorni su sette. Insoddisfatta, vagamente prostrata e malinconica, non dirà di Kierkegaard molto più di quanto non sia già scritto sul manuale; la ricorderanno, i suoi alunni, per altri insegnamenti. – Fate qualcosa. Qualsiasi cosa. Datevi da fare, o vi ritroverete con un pugno di mosche in mano. Saranno precetti perentori, esposti con l'insolita calma di chi ne apprezza la validità per esperienza. Vivrà in un appartamento al quinto piano, vista sul nulla. Nove stanze, ciascuna di un colore diverso, arredate con cura, ordinate – giusto per soffocare, almeno apparentemente, il disordine che sente covare dentro di sé. Divorziata, le dita ingiallite dal tabacco, strapperà notti di sesso occasionale a un'esistenza piatta. Amici e conoscenti diranno di lei, lontano da lei, che è una spostata. E lei, dal canto suo, per uno strano pragmatismo, forse per autopunizione, rifiuterà la compagnia persino degli animali domestici. Sul letto di morte, tirando le somme, rimpiangerà quel viaggio in Islanda, cancellato una settimana prima della partenza.

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