Troppe volte mi sono rotta e ricomposta sotto i colpi malvagi della vita che picchia duro. Ogni volta maschere e corazze diverse, più adatte alle circostanze. In bilico tra attesa e tremore. Il fulcro di ogni cosa è il mio collo che regge la testa affollata di fotogrammi sconnessi fatti di memoria e materia onirica; si allarga alle spalle simmetriche che imitano il respiro e reggono il corpo per farlo andare, stramazzare, rialzarsi, procedere, contorcersi. Baci rubati al mio collo, tra il triangolo d'ombra dietro l'orecchio, tra la leggera ciocca scappata alla massa di ricci disubbidienti, vicino a dove scende la lacrima di perla di un orecchino ed il foulard di seta liscia a proteggerlo e custodirlo. Collo dalla pelle sottile che si tende e pulsa ritmicamente richiamando la vita che c'è sotto, nascosta, non sempre visibile, taciuta, indifferente che si scuote solo a quell'accennato poggiarsi di labbra e mi prende l'innocente voglia di amarti come se io non avessi imparato altro nella vita e sentire il sangue di fuoco che corre centimetro dopo centimetro nelle vene. E mi resta, ogni volta, la sensazione di pressione delle tue dita in punti sparsi ed eventuali di me, anche quando non ci sei più, percezione fantasma che mi regge negli abbracci in sogno.
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