Sono tragicamente, dannatamente cuore incapsulato a forza dentro le cesoie strette. Sono il mio Mediterraneo, abbarbicata ai faraglioni, lambita da onde che mi trascinano e mi arenano sul bagnasciuga tra vita e morte, né carne né pesce, ma mai sirena, nessun canto,
un acuto urlo di lupa ferita che conosce il proprio assassino. Io sono le parole che riempio del senso mio, uccidendo la raucedine e l'afasia dell'impossibilità ad esprimersi, ché solo con l'inchiostro posso denudarlo quel cuore infame e scorticarlo dalla membrana delle menzogne e dei giusti modi per poter vivere la vita. Sono il pettine che s'incastra tra i nodi dei miei capelli. Sono il confessionale antico di una chiesa sfarzosa. La coda di topo rimasto in trappola. Il ripostiglio di una grande casa. L'ultima possibilità e l'ultima occasione. Sono quella che ama di nascosto, immaginarsi farsi far l'amore quasi con la pretesa d'esser presa come preda, cacciata col sangue alla bocca, ridotta a brandelli da dita come coltelli. Sono malato amore.
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