Confessioni di un codardo


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...di essere, di agire, di presentarsi. Entravo e uscivo di galera, venivo sfrattato dalle stanze. Dormivo sulle panchine dei parchi, nei cimiteri. Ero confuso, ma non ero infelice. Non ero cattivo. Solo che non riuscivo a ricavare niente da quello che avevo intorno. La mia violenza si contrapponeva all'evidenza del tranello, io gridavo e loro non capivano. E anche nelle risse più furibonde, guardavo il mio avversario e pensavo: perché è arrabbiato? Vuole uccidermi. Allora dovevo tirare pugni per liberarmi della bestia che avevo dentro. La gente non ha senso dell'umorismo, si prendono tutti così cazzutamente sul serio. Ad un certo punto, e non so più da dove sbucata, mi è venuta l'idea che avrei dovuto diventare uno scrittore. Forse potevo scrivere le parole che non avevo letto, forse così facendo mi sarei scrollato dalla schiena quella tigre. Così ho iniziato ed è passato qualche decennio senza troppa fortuna. Adesso ero un matto scrittore. Altre camere, altre città. Sprofondai sempre più in basso. Una volta ad atlanta mi stavo assiderando in una baracca di carta catramata, vivevo con un dollaro e un quarto a settimana. Né acqua corrente, né luce, né riscaldamento. Stavo seduto ad assiderarmi nella mia camicia da ... [segue »]
Composto domenica 3 marzo 2013

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