Al giocatore ungherese non toccare il cavallo
Scegli la pagina:
...dei pezzi unti di brillantina. Castelo Branco slittò -è il caso di dirlo- su un'apertura piuttosto sofisticata, che si rivelò di una banalità disarmante a fronte dell'imprevedibile contromossa di Barabás Ferenc, sempre preoccupato dei suoi cavalli, e non riuscì ad arrestare la caduta libera di cantonate se non sotto le froge scolpite dell'avversario: destino ingrato, giacché ormai è risaputo che chi tocca i cavalli di un magiaro d'oltre Tibisco può raccomandare l'anima a Dio, a farla tragica. Quando Castelo Branco e Delgado e Gomes e tanti saluti realizzò davanti ad un magistrale doppio di cavallo di aver perduto la finale, svenne. Dissero per l'onta, non propriamente di brillantina, benché lui incolpasse l'insostenibile afrore di quadrupede che intasava il salone. Barabás Ferenc tornò alla sua vita antica e senza difetti con due cavalli, d'avorio s'intende, due magnifici pezzi che l'avevano conquistato in una vetrina di viale Andrássy, e con il resto del cospicuo premio aprì una scuola di scacchi a Fehérvár: Imre e gli altri assi della scacchiera sembravano averne un tremendo bisogno. Quanto a Castelo Branco, se gli chiedevano com'erano l'Ungheria e gli ungheresi, lui, dopo un attimo di vertigine galoppante, rispondeva immancabilmente: agli ungheresi mai toccare i cavalli, puoi minacciargli le torri, la regina e perfino il re, ma i cavalli: Mai!
Leggi un altro Racconto Tutti gli Argomenti
Immagini con frasi
Consigliati
Ultimi argomenti inseriti
Commenti