Sono swing con qualche nota blues da sempre. Anche con il mio sole a sud ho la mia neve in una parte di cuore. Amarcord e deja-vu, accordo chitarre scordate per comporre musica nuova, far stonare gli echi di paura ed intonare le note giuste che viaggiano sulla loro scala, sali-scendi di toni, senza corrimano, salto qualche scalino e rischio di precipitare. E al pentagramma ci penso spesso, grammatica di cinque parole timide ed appena accennate, dette sottotono: io non voglio aver paura! Non più almeno! Lo sapevi che il dna ha una frequenza di cinquecentoventotto Hertz? Ci vuole tanta aria nei polmoni per soffiare nel tubicino sottile della forza. Sono paroliere e compositrice, arrangio urli e silenzi, uso lo xilofono perché il freddo di certe emozioni sembri meno freddo a contatto con le sue placche. Prendo il bastone della pioggia e piango un po' per dissipare questo deserto che ho dentro. Ora è giunta l'ora di sognare. Sento tremare il pavimento della mia stanza e una voragine si apre davanti a me. Dea del ghiaccio nell'antro gelato, un violino impazzito tra mento e spalla, lo seguo a passi di danza. Musica, mia cura, qui nel mio Tibet come un monaco in clausura. Sento gli elementi su di me. Forza pura e l'ombra che mi anticipa la vita, vento e bosco, terra e aria, acqua e fuoco. E tutto è musica, unplugged, in acustica. Arrivo così sino a sera e poi notte, notte fonda, buio pesto. Luna, e se io mi faccio lupo posso cantarti? Allontana i miei mostri per stasera ch'io voglio dormire.
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