Non è che ci aveva pensato
Non è che ci aveva pensato. E nemmeno l'aveva premeditato. Non è che si era svegliato quella mattina e aveva detto, ok bene, è deciso. Nemmeno stava pensando a qualcosa di particolare quando lo fece. Fu impulso. Puro impulso. Lo fece per se stesso, per la prima volta agì per sé. Per le lacrime che non aveva mai versato. Per i 'non ho nientè troppe volte urlati. Per quel nessuno che lo ascoltava e per quei tutti che lo ignoravano. Per i pugni che non aveva mai dato, anche quando l'avrebbero aiutato. Non riusciva a parlare con nessuno. E quando lo faceva vedeva i fatti suoi abusati, accartocciati e gettati via. Erano ferite, sempre. Per il dolore insopportabile. L'impotenza. La noia. La rabbia. La paura. La stanchezza. Spossato. Abbandonato. Presente solo a se stesso. Per le parole mai dette, quelle mai ascoltate, i silenzi assordanti, la musica che non lo toccava più, le corse che non lo distraevano, le passioni che non lo prendevano, le delusioni troppo pesanti, le vessazioni silenziose, i rumori che non lo lasciavano in pace. Ma fu per i pugni mai dati, per la rabbia mai sfogata e sempre repressa, per il dolore sempre metabolizzato ma mai espulso, per i sorrisi su quelle persone che a lui il sorriso lo avevano tolto. Fu per i pugni mai dati, che si gettò a prendere a pugni i fari gialli del treno in corsa.
Composto venerdì 26 aprile 2013
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