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Siamo stati educati a fare nostro tutto ciò che ci piace, tutto ciò che è vicino a noi, fa parte della nostra intimità.
Sia a livello della conoscenza sia a quello dei sentimenti facciamo nostro tutto ciò che accostiamo, che si avvicina a noi.
Il nostro modo di ragionare, il nostro modo di amare corrisponde ad un'appropriazione. La nostra cultura, la nostra istruzione scolastica, vogliono che imparare e sapere equivalgano a far nostro attraverso strumenti di conoscenza capaci, lo crediamo, di apprendere, di capire, di dominare tutta la realtà, tutto ciò che esiste, tutto quello che percepiamo con i nostri sensi e ciò che è al di là di essi.
Vogliamo avere l'intero universo nella nostra testa, talvolta l'intero mondo nel nostro cuore. Non vediamo che un tale gesto trasforma la vita del mondo in qualcosa di finito, di morto in un certo senso, perché il mondo perde così la sua propria vita sempre estranea a noi, esterna a noi, altra da noi.
Farò un esempio. Se capissimo esattamente quello che fa la primavera, perderemmo probabilmente la contemplazione stupita davanti al mistero della crescita primaverile, perderemmo la vita, la vitalità alle quali tale rinascita universale ci consente di partecipare senza ... [segue »]
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