Vedi tutto di lei, a colpo d'occhio. Una camminata sempre un po' troppo frettolosa, una cura non eccessiva per l'abbigliamento, ma un'immancabile particolare che non si capisce bene se sia lei a portarselo in giro o sia questo a portarsi in giro lei. Si direbbe che esca di casa senza provare la necessità di pettinarsi, in linea al suo animo scarmigliato e l'esigenza impellente di mostrare all'esterno quest'inquietudine di fondo, come a mettersi un cartello sul petto e gridare forte che lei sia così. Ha le labbra serrate, come di chi eviterebbe volentieri di rivolgere parola al mondo, ché pensa che il mondo ce l'abbia su con lei. La tradiscono gli occhi. Usano un vocabolario complesso, una manciata d'emozioni, significati violenti e non glieli vedi solo in faccia, ma glieli vedi addosso, come a dominare la sua intera sagoma, come se le ciglia fossero il davanzale tra l'interno e l'esterno ed il cielo le si fosse precipitato dentro insieme all'acqua di mare in quei giorni in cui il vento increspa le iridi facendole lacrimare un po' e lei dice di avere gli occhi raffreddati. Ha preso l'abitudine di non guardare, ma di guardarsi guardare, ché è ormai un gioco che fa spesso; scruta, distoglie, ammicca e riproduce figure e panorami, facendo penetrare sensazioni e non solo immagini. E se le rappresenta, tatuando impressioni. Vive attraverso i suoi occhi, mette su la sua musica e li chiude, stanchi, ché ha imparato che questo è il modo per vedersi meglio.
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