Memorie di scuola - Parte prima
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...per farmi bocciare. Avevo le mie mosse segrete, i miei guizzi, le mie intuizioni, il mio spirito di sopravvivenza che mi guidava, a scuola, come fuori; per i miei compagni siciliani ero "u sardignolu" anche se portavo un cognome siciliano; e il mio accento ed il mio orgoglio erano palesemente sardi, pur se il mio dna era avvolto anche in spire normanne, o forse arabe, o chissà, persino spagnole o napoletane. Non credo faccia molta differenza sul piano biologico.
Mi rendo conto di aver divagato, sulle ali della memoria; forse sto invecchiando.
Quest'anno sto per restituire il mio trentunesimo registro del professore (più o meno; il conto preciso degli anni di insegnamento preferisco farlo in prossimità della pensione; traguardo che la riforma Fornero, sembra avere spostato irrimediabilmente in avanti; staremo a vedere). Certamente rilevo una fondamentale differenza tra l'ultimo giorno di scuola da studente e quello da insegnante.
Nel primo caso, come dicevo, prevaleva la malinconia, lo smarrimento, la prospettiva dei giorni estivi, lunghi e solitari (ma perché da adolescenti non si capisce il grande valore del tempo? Naturalmente sto parlando solo per me); l'ultimo giorno di scuola da insegnante, insieme ad un senso di liberazione della fatica dell'orario di cattedra, fatto di spiegazioni ed interrogazioni che si susseguono in un turbine di eventi, ha anche il sapore degli scrutini e degli esami di maturità. E l'estate, adesso, dura troppo poco.
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