La dilungaggine di un pensiero ormai nato ma subdolo nel non conclamarsi
La stanchezza di un percorso meditato e mal riuscito che anestetizza, la diffusa sensazione di un non-arrivo tra le curve a gomito della vita che sembrano come paraocchi di cavalli intossicati e sfiniti di doping e sprint inutili, ma noi a differenza di equini quadrupedi siamo qui indipendenti e liberi svincolati da malefici e arrivisti padroni, ma schiavi nei frangenti di noi stessi, solo di ossessivi concetti da suffragare o peggio realizzare. Sentirsi, ed è questa una rimarcata ed inconscia scelta, soli di fronte a quel tassello vuoto, che sia esso nella sfera dell'amore, della famiglia, del lavoro, dell'amicizia... c'è una diffusa pratica che la globalizzazione ha apportato sui gropponi di stanchi cammelli che rappresentano gli stili di vita, ed è quella pratica chiamata surrogato, quel concedersi la stessa soddisfazione (sarà?) Con espedienti od occasioni che sfruttino almeno tra il 50 al 75% in modo da ritenersi più o meno soddisfatti... ed è ciò che annebbia che offusca di fronte alla pura determinazione e coscienza reale del desiderio quella paura di non saperlo riconoscere... un tono muscolare addormentato è meglio di un muscolo che per anni ha funzionato in maniera sbagliata... che non ci si lasci scappare facili maliziosi pensieri, la vita quando ride di questo può far male... e quando ciò viene fuori la strada percorsa è forse ormai troppa per poter ridere e troppo deviata da poter non guardare oltre e rammaricarsi.
Composto giovedì 14 giugno 2007
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