Penelope muove lenta la mano nella tela che ha cucito come tra le corde di un'arpa che cela una musica soave, passa le dita nella trama che la tiene prigioniera, l'allenta lieve, con la rocca va e viene, la richiama sotto il cielo che ricorda il disegno ordito: una nave sospinta dallo zefiro. Ancora la tocca, alla nivea luce, attende, poi la disfa con lena immagina in sogno una nuova tela per non sentire l'antica pena. Così la donna di Itaca, per conforto tira e cuce la nassa tesa tra le barchette alate in riva al mare, dove lo vide salpare, e monda la rete a cui s'impiglia la tempesta notturna e il lungo flusso della marea, scuote dai buchi lembi di vela, chele di granchio e qualche pesce morto, mentre il tempo segue il cammino e brillano nella notte fonda le luci della Galassia; a volte s'arresta taciturna, nell'attesa e la rete le cade di mano e la trascina il Delfino o la chiglia della Nave lontano.
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