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...nella culla azzurra ancora imballata, che mi chiama: "Mamma, perché mi hai lasciato solo?". E piange, continua a piangere, e non c'è modo di farlo smettere. Resto impietrita davanti a quel richiamo struggente. E quando torno in me, è peggio. Perché non ho più neanche il suo lamento, non mi rimane niente. Non dovremmo essere qui. Dovremmo svegliarci a turno ogni tre ore per accudirlo. Dovremmo avere le occhiaie per la stanchezza ed essere liberi di mandarci a quel paese per la gioia. Non dovremmo vagare in questa regione carsica e isolata, vittime di un silenzio assordante da cui nessuno sembra disposto a proteggerci. Come se anche solo parlare di lui fosse sbagliato, ridicolo, fuori luogo. Il mondo sembra pensare che sia giusto ignorare la sua esistenza, rimuovere quel che è successo. Vorrei esserne capace anch'io, ma non ci riesco. E credimi, Pietro, ci sto provando. Ma averlo lasciato andare senza neanche avere avuto il coraggio di guardarlo in faccia, quello, forse, è stato l'errore più grande.
Composto lunedì 22 luglio 2013
dal libro "Nessuno sa di noi" di Simona Sparaco
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