L’infinita digestione
Sempre amara non fu quest’erba molle
se pesto il pepe, che in cotanta parte
da palme onte e mani spargo nude.
Ma sedendo e mangiando, illimitati
spatzle di là di quella, e sovraumane
pietanze, abbondantissima sete,
io al pensier del fungo, movo non poco
il corpo e mi torturo. E come il canto
odo soffiar del cigno orante, io quello
interior borbottìo a questa voce
vado accostando e mi sovvien l’inferno,
e la corta stagione ch’al vivente
offriva il suon di lui. Così che in questa
sazietà s’affoga il respir mio:
e il rigettar m’è dolce l’erbe amare.
Composta giovedì 9 settembre 2021
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