Il presidente Silvio Berlusconi vuole aumentare la sua popolarità. Arriva in una scuola elementare e spiega il suo piano di governo. Chiede nel frattempo che i bambini facciano delle domande. Il piccolo Pierino chiede la parola: "Ho tre domande: 1. Perché invece di occuparsi del popolo va ad escort? 2. Perché desidera attaccare la Costituzione senza motivo? 3. Lei non pensa che la Gelmini sia la peggior ministra dell'istruzione della storia?" In quel momento suona la campanella dell'intervallo e tutti gli alunni escono dall'aula. Al ritorno, Berlusconi invita nuovamente i bambini a fare delle domande e Giovannino gli chiede: "Presidente, ho cinque domande da farle: 1. Perché invece di occuparsi del popolo va ad escort? 2. Perché desidera attaccare la Costituzione senza motivo? 3. Lei non pensa che la Gelmini sia la peggior ministra dell'istruzione della storia? 4. Perché la campanella dell'intervallo ha suonato 20 minuti prima? 5. Dov'è Pierino?"
[Daniele Luttazzi spiega come distinguere la satira legittima da quella strumentale]
Il potere usa il ridicolo, il dileggio e lo sfottò per aumentare il conformismo generale. È una tecnica di oppressione. Il dileggio invita la massa a prendere le distanze dalla vittima e a partecipare del divertimento sadico del violento. Shakespeare attribuisce ai suoi cattivi (Iago, Shylock) questo humor crudele proprio per definire la loro immoralità: uno stratagemma narrativo che ritroviamo nel Joker di Batman, nelle gag da incubo di Freddy Kruger e nella comicità assassina di Hannibal Lecter. Il potere è sovraumano in quanto disumano. Ti illude che, unendoti a lui, diventerai predatore: ecco spiegati i sondaggi sulla popolarità del premier. E tu, non ridi alle sue barzellette? Un disagio del genere ha finalmente aperto gli occhi a Mentana. Conosco la sensazione. È come sniffare wasabi.
L'umorismo è sospensione del sentimento e può arrivare fino al cinismo; ma se sei cinico a spese di una vittima e ne prendi in giro la sofferenza, fai umorismo fascistoide, cioè eserciti una violenza.
Il punto non è se una battuta fa ridere o meno. Si ride per il meccanismo comico e l'abilità consiste nell'imparare la tecnica migliore per scatenare il riflesso della risata; ma se questa abilità ti serve a veicolare un'idea razzista, sei un razzista.
Il meccanismo di questa gag [nazista] può farvi ridere (per riflesso), se però vi compiacete della risata che suscita in voi, siete nazisti.
Occorre fare attenzione perché la regressione culturale è già oltre il livello di guardia, specie qua in Italia. Se uno ride di quella gag dei Griffin, deve porsi una domanda: quanto la mia scala di valori, in questi anni, senza che neanche me ne accorgessi, si è corrotta?
... una società libera ammette tutte le idee, anche le più trasgressive, ma non può ammettere l'idea violenta (quella razzista o fascista o nazista). L'idea violenta è già stata giudicata dalla storia. È un'idea che, quando va al potere, cancella i diritti umani e la democrazia. La trasgressione culturale dei tabù e dei pregiudizi ( "ciò che ti offende in una società libera" ), che è legittima, non puoi paragonarla a un'idea violenta quale lo scherno della vittima. È un equivoco tragico, aggravato dal fatto di venir banalizzato da un cartone animato [i Griffin].
Qualunque battuta, su qualunque argomento cui uno è sensibile, provocherà disapprovazione e non riso. Il caso dello humor cinico o noir lo dimostra; ma, ripeto, non è questo il punto. Il punto è: se rido della violenza su una vittima reale; se mi compiaccio dello scherno su di lui; se, per dirla con la efficace sintesi di Andrea, la battuta si pone dalla parte del carnefice; la gag e la risata sono fascistoidi. E lo sono anche quando banalizzano l'atto del carnefice (scena dei Griffin).
Come si stabilisce da che parte sta la battuta? Nello stesso modo con cui è evidente che la battuta di Kraus è contro il nazismo e non a favore: quando la battuta si assume il carico del dolore, invece di banalizzarlo. La satira ha gli strumenti semantici per farlo. E lo fa.