Ho innestato tra le voglie il fermo immagine del profumo d'un fiato, quello che mi si imprime dentro quando restiamo estatici, statici ad ascoltarci l'amore.
La non parola sulla sensazione, la pelle sul contatto, gli odori tra i sapori.
Diventi calco tre le coste perché io, convessa, possa incastrarmi come pezzo mancante dei tuoi respiri, ché se vengo meno è asfissia, se mi insinuo come piaga tra le carni, ancor prima, come coltello, cercarti in punta, sanguinarti, m'incuneo, pelle di pelle, sottocutanea tra le viscere, spasmo diaframmatico.
Lascivia.
Stremata, con il fianco sporgente ad attendere la mano, la curva dopo la vita che si distende e protende.
Mi guardi il sonno?
Custode della mia carne tra i silenzi di ciò che viene dopo.
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