Da Carmelo Bene, abbiamo appreso l'arte del disapprendere,
dello sperpero dell'arte, della generosità autentica di chi è uscito dalla catena di montaggio. Dobbiamo a questo genio la lezione
di un arte che non consola, che non si arruffiana con il potere,
che considera l'individuo non come facente parte di un sociale
catalogato e omologato. Quando lo ascolti non sai cosa vogliano
dire quei testi. Il fatto è che nell'istante in cui Carmelo Bene
pronuncia una parola, in quell'istante, tu sai cosa vuol dire,
un istante dopo: non lo sai più. Così il significato del testo
è una cosa che percepisci, si, ma nella forma aerea
di una sparizione. Lui diventa quelle parole e quelle parole
non sono più parole, ma voce. E suono che accade
diventa ciò che accade, e dunque tutto... e il resto non è più niente.
Composta domenica 22 agosto 2010
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