Se ne vogliono andare? E lasciateli andare! E non ascoltate le spiegazioni, a che servono? Non cambia nulla. Azzittiteli. Che di tante parole messe in fila e casomai in rima, l'unica cosa che ricorderete è che se ne sono andati. Di tutto quello che lasciano, l'unica cosa che resta è che se ne sono andati.
Mi piace quando si arrabbia. Quando per in attimo prova ad allontanarsi, ed io che gli cammino dietro, ad un passo da lui, che fa lo gnorri, che fa l'offeso, che è bello. E se si gira a sbirciare deve vedermi subito, ché se inizia a correre io corro più veloce di lui.
Si perdono le istruzioni a volte, sapete? Non si sa più cosa fare. Solitamente ci restano in mano pezzi in più, viti e bulloni che non si sa dove nascondere. Io sono rimasta con dei pezzi in meno, e quelli non li danno indietro.
Lo bacio. Ho deciso. Basta. Lo bacio. Mo mi avvicino, faccio l'indifferente. Loprendoperunbracciologiroelobacio. Subito. In una frazione di secondo. Non è come guardarlo. Se lo bacio se ne accorge, no?
Voglio tornare a nascondermi dietro una macchina, appostarmi con cura dietro la ruota, altrimenti abbassandosi chi mi cerca mi trova. Voglio scegliere di nuovo un frutto difficile, sfidare il Lupo Mangiafrutta ancora una volta: non indovinerà mai avocado! Voglio avere mille lire in tasca, per un pacchetto di patatine e 5 goleador. Voglio tornare sporcarmi di terra e colori ogni giorno, perché solo così mia madre avrà la certezza che io nella mia vita mi sto divertendo.
Erano esplosioni violente concentrate in pochi centimetri di distanza e altrettanti di profondità. La somma di muscoli e ossa, e sangue e nervi che altro non cercavano se non muscoli e ossa, e sangue e nervi. Avevano in comune le cose in comune, e diversamente dagli altri, anche quelle discordi. Erano carezze date da mani lisce e ruvide, erano esplosioni di cuori impossibili da soffocare.
Aveva amore dentro, impaziente amore. Lo sentiva sbattere su ogni sua parete, graffiare e dimenarsi. Era una furia, era tempeste: indomabile. Ma da quando c'era lui, da quando una voce, melodica e costante, esisteva e le parlava, quell'amore, sprovveduto di senno, impazzito, scalpitante, si era calmato. Aveva trovato in un corpo bello, irrimediabilmente bello, la pace dell'anima, la serenità trovata e presa quando lui le disse d'esser suo.
Poteva inventarsi mille cose da fare, mettersi sui libri e ripetere, andare a correre, prendere un caffè con gli amici. Eppure la testa, la mente, il pensiero, andavano a lui. "Questa cosa piacerebbe anche a lui" "Due zollette, come piace a lui". Era il pensiero primo tra mille altri pensieri secondari, era la canzone romantica che finalmente aveva un senso. Lui, la sua dolcezza e quella voce ormai erano singole molecole d'ossigeno, senza le quali non poteva più respirare. Era diventato "amore", e lei di questa cosa iniziava a farsene una ragione.
Lui. Sì, proprio lui, le stava creando dipendenza. Era riuscito ad occuparle uno spazio inimmaginabile durante le sue giornate. Era diventato parte integrante dei suoi 18.720 respiri giornalieri.