Scritta da: Gianni Marcantoni
Sei solo. Non lo sa nessuno. Taci e fingi.
dal libro "Il poeta è un fingitore" di Antonio Tabucchi
Sei solo. Non lo sa nessuno. Taci e fingi.
Le mie sono riflessioni occasionali e superflue. Mi secca addirittura proporle. Ma esse non tolgono nulla al valore dell'uomo; né migliorano l'espressione del suo corpo. Ma in realtà niente altera niente, e ciò che diciamo o facciamo sfiora soltanto la cima dei monti nelle cui valli dormono le cose.
Non c'è niente nel mio passato che mi faccia ricordare una cosa con il desiderio inutile di avere di nuovo quella cosa. Non sono mai stato altro che un residuo e un simulacro di me stesso. Il mio passato è ciò che non sono riuscito ad essere.
Il tedio non è la malattia della noia di non aver nulla da fare, ma una malattia più grave: sentire che non vale la pena di fare niente.
Io allora vivrò in pace in una casetta alla periferia di qualcosa, godendomi una tranquillità in cui non dovrò fare il lavoro che comunque anche ora non faccio e cercando, per continuare il mio non fare niente, scuse diversa da quelle con le quali oggi evito il confronto con me stesso. Oppure sarò ricoverato in qualche ospizio per poveri, pago della mia completa sconfitta e confuso fra quei relitti umani che pensavano di essere geniali e invece erano solo mendicanti carichi di sogni; io, insieme alla massa anonima di coloro che non ebbero la forza per vincere e neppure la generosa rinuncia per vincere alla rovescia. Dovunque sia, proverò nostalgia per il principale, il signor Vasques, per questa stanza di Rua dos Douradores. E la monotonia della vita sarà per come il ricordo degli amori che non ebbi, o dei trionfi che non sarebbero mai stati.
I sentimenti più dolorosi e le emozioni più pungenti, sono quelli assurdi: l'ansia di cose impossibili, proprio perché sono impossibili, la nostalgia di ciò che non c'è mai stato, il desiderio di ciò che potrebbe essere stato, la pena di non essere un altro, l'insoddisfazione per l'esistenza del mondo.
Ho fatto naufragio senza tempesta in un mare nel quale si tocca il fondo con i piedi.
L'amore codardo che tutti noi proviamo per la libertà (libertà che, se la conoscessimo, troveremmo strana perché nuova, e la rifiuteremmo) è il vero indizio del peso della nostra schiavitù.
Ognuno di noi è più d'uno, è molti, è una prolissità di se stesso.
Un silenzio freddo. I rumori della strada come se fossero tagliati col coltello. Si è avvertita a lungo, come un malessere di tutto, una cosmica sospensione del respiro. Si era fermato l'intero universo. Attimi, attimi, attimi. Le tenebre si sono carbonizzate di silenzio.
All'improvviso, acciaio vivo.