Scritta da: Gianluca Frangella
Che strano l'essere femminile. Seppur lo nega, più soffre più ama.
Composta martedì 14 gennaio 2014
Che strano l'essere femminile. Seppur lo nega, più soffre più ama.
Forse "pensavo" anche noi adulti abbiamo bisogno di una favola in cui credere, per addormentarci senza pensieri negativi per la mente.
Spesso la bruna sconosciuta aveva il sorriso sulle labbra. Era bellissima con i suoi capelli mossi che le ondeggiavano sul collo. La vedevo andare avanti e indietro per quella finestra: compariva ora e ora scompariva e poi di nuovo, riappariva. Ora in reggiseno, ora con la maglia, ora si pettinava e, poi, si metteva gli orecchini. Si abbassava, scompariva. Si alzava indossando un cappello. Spariva dietro la parete e ricompariva con il cardigan addosso e ora ricompariva con addosso un giubbotto. La luce si spegneva. Lei scompariva.
Là dove termina la realtà inizia il nostro sogno.
Amore? Tu lo chiami amore? È una scopata... ecco cosa è... tu cerchi una scopata come tutti gli altri... dite tutti che volete fare l'amore e non capite che da me volete solo una fottutissima scopata di merda.
Dove trovi l'energia? Dall'amore per mia figlia. Le promisi, quando rimasi incinta di lei, che non l'avrei mai abbandonata, perché io stessa lo ero stata e so quanto è dura dovercela fare da soli a crescere: voglio riuscire a darle tutto il meglio di me stessa.
Sabrina era identica a Liza. Temetti fosse un curioso scherzo del destino, un innocente effetto illusorio. Mi convinsi di essere stato soggiogato dalla forte somiglianza fra le due ragazze e finii con l'addormentarmi sul divano.
"Come si fa a stare insieme quando si discute in continuazione?". Me lo domandavo anch'io e mi domandavo anche quanto fosse giusto stare con una persona mentre si ha per la testa il pensiero di un'altra. Mi sentivo in colpa nei confronti di Roberta.
La particolarità che mi affascinava della ragazza "senza nome", era il suo apparire e sparire nel nulla, come per magia. Appariva nella sua bellezza, m'incantava e volava via chissà dove.
Sulla tavola misi un tovagliolo, una forchetta e il succo di arancia: mentre attendevo si cuocesse la mia colazione, guardavo fuori dalla finestra. Mi dava piacere. Era come aprire il sipario del palco scenico di un teatrino. Tiravo la cordicella e la tendina, fatta di finissime cannucce di legno, si avvolgeva lentamente su se stessa e... lo spettacolo iniziava.