Se solo volessero, i lavoratori potrebbero riappropriarsi dell'acqua data in concessione alle multinazionali, della terra, quindi dei suoi frutti, e di tutti i mezzi di produzione contenuti nelle aziende, all'interno delle quali loro stessi lavorano, ogni giorno, sapendo perfettamente come utilizzarli anche senza la presenza di soggetti privati che se ne attribuiscono ingiustamente la proprietà, e tanto meglio senza dover garantire, con il sacrificio della propria vita, un profitto a una nutrita schiera di sfruttatori parassitari.
La rivoluzione inizia quando comprendiamo che il potere di un altro individuo non può esistere senza la nostra legittimazione, che è resa possibile dalla paura e dal timore, dall'ubbidienza e dalla sudditanza.
La fine delle guerre, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e della povertà, ma anche la rivoluzione, l'uguaglianza sociale o il benessere collettivo. Fateci caso, il potere chiama utopia tutto ciò che la massa non deve neanche immaginare di poter fare.
Siamo naturalmente incompatibili con il grigiore delle aziende, con gli obblighi e le costrizioni del lavoro subordinato, perché abbiamo trascorso milioni di anni tra il verde delle foreste, nella più totale libertà e assenza di ogni tipo di confine al di fuori di quello dovuto a un limpido cielo blu. Non ci siamo evoluti all'interno delle fabbriche come schiavi del capitale, ma come esseri liberi di vivere la vita, immersi nella bellezza della natura.
Un mondo migliore per tutti è possibile, qui e ora. Ma per costruirlo dobbiamo iniziare a cooperare, impiegando la nostra intelligenza per raggiungere l'unico vero e nobile fine: il benessere di tutti gli esseri viventi.
Il fine del capitalismo non è il raggiungimento del benessere collettivo, né l'incremento della felicità, bensì la legittimazione e l'accrescimento del potere e della ricchezza di un'élite, che si avvale di un ingiustificabile sfruttamento di esseri umani e risorse comuni.
Chi è disposto a farsi sfruttare e non si oppone apertamente allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è complice degli sfruttatori, in quanto rende possibile il perpetrarsi delle condizioni d'asservimento per se stesso e per il resto dell'umanità.