Scritta da: Foriero112
Caro Amico: sono sicuro che tu credi nel trascendente: lo noto dall'insistente tema che riempie le tue pagine, lo noto dall'intercalare di sentimentalismi nelle tue parole e dalla ricerca spasmodica di elementi che possano dare sfogo alla tua dinamica del sapere. È certamente un Dio multi facce e allo stesso tempo univoco!
Esiste un Creato? Questa è la domanda!
Se si, cerchiamo una risposta.!
Cosa esisteva prima di questo? Non certamente il nulla! Poiché dal nulla, nulla può venire! C'è una precisa e inconfutabile legge fisica che lo dimostra.
Questo premesso, cosa poteva esistere che potesse creare la materia così come la conosciamo se non un'enorme fucina cosmica che potesse unire particelle creando sostanze; se non l'Energia.
Quest'energia può funzionare soltanto in modo duale: come ci sono reazioni endotermiche e esotermiche c'è un'energia positiva e una negativa; materia e antimateria; luce e buio: l'energia governa tutto l'universo, è insita in ogni cosa e da ogni cosa la si può estrarre, pur se essa non è cosa tangibile.
Ciò che c'è di tangibile sono gli effetti che questa produce.
Ci sono più cose che non conosciamo di quante noi conosciamo eppure dentro di noi ci sono tutte le informazioni per poter da questa conoscere la vita!

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    Scritta da: Foriero112

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    Tornando a Parmenide, invece, tutto ci appare chiaro:
    1) solo Dio (l’essere) è, cioè solo Dio esiste;
    2) tutto ciò che di molteplice esiste (noi, gli animali, gli alberi, la materia), in tanto esiste, in quanto partecipe dell’essere, cioè di Dio;
    3) il divenire (cioè il tempo e gli effetti che esso produce) è mera apparenza: nel senso che non è essere, ma apparenza dell’essere, modo molteplice in cui l’essere si manifesta (a noi povera gente).

         Nulla esclude, naturalmente, che questo divenire (che – attenzione – prima di essere tempo è materia, perché abbiamo visto che il tempo è una dimensione della realtà materiale), che questo divenire, dicevo, abbia una sua logica, che viene appunto indagata dalla scienza.
         Questa conclusione concilia perfettamente scienza e filosofia.
    Ma perché questo non avviene anche a livello della cultura paludata?
    Per virtù della follia della specializzazione. Al mondo ci sono o scienziati che parlano tosco, o filosofi che parlano ancora più tosco. Ciascuna di queste categoria “sprezza il volgo profano”, e sprezza anche l’altra. E l’uomo rimane solo, con una realtà lontana, inaccessibile, che non gli appartiene. Con un po’ di umiltà interdisciplinare, invece, e anche di pazienza e di buona volontà, i milioni di elementi, di informazioni di cui oggi siamo in possesso (siamo nani sulle spalle di gifanti, non dimentichiamolo!) potrebbero essere usati per costruire un’interpretazione superiore della realtà.
          Non è forse questo il succo del gioco delle perle di vetro (Hermann Hesse: perché buttarlo alle ortiche?).

    PS: Non credo di aver trovato; credo solo che è questa la via per indirizzare una ricerca RAZIONALE. Il cuore è altra cosa, ma mi rendo conto che si possa aver bisogno di qualcosa di razionale su cui poggiare il piede per spiccare il volo. Quanto poi ad Aristotele, non lo chiamerei in causa. Già cui ha fregati per 1500 anni con il sistema tolemaico. Grazie a lui siamo finiti nel Medioevo, uscendone a fatica. Il Don Ferrante dei Promessi Sposi è morto maledicendo le stelle per avere, con lui, ritenuto che la peste non fosse né sostanza, né accidente. No, no, Aristotele è “sistema”, ed è un sistema superato. Parmenide invece è acqua semplice, lineare, freschissima e razionalmente inconfutabile.
         E mi viene alla mente Diodoro Crono; ma lo rinvio a miglior tempo, per evitare la… fucilazione.
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    La scienza, infatti, non può nè potrà mai (e questo va sottolineato), giungere alla verità. Basterebbe pensare all'universo subatomico, in cui l'intervento dell'osservatore fa sì che di una particella non si possano determinare velocità e posizione insieme; alla luce, che per alcuni versi risponde alla teoria corpuscolare, per altri a quella ondulatoria; ma ancor prima al fatto che il metodo sperimentale, su cui tutta la nostra scienza è basata (studio e descrizione del fenomeno-formulazione del modello interpretativo- verifica della capacità predittiva del modello stesso) non conduce a certezze, ma solo a modelli che funzionano finchè funzionano e negli ambiti in cui funzionano. Ne sia prova la teoria di gravitazione relativistica, di fronte alla quale l'"attrazione" gravitazionale di Newton appare, senza mezzi termini, falsa. L'attrazione gravitazionale non esiste. Lo stessa teoria del big bang, tanto osannata come conciliazione tra scienza e fede, è solo un modello, messo peraltro in discussione da astronomi famosi (a parte la teoria dello stato stazionario di Fred Hoyle, al giorno d’oggi la stessa Margherita Hack, insieme a molti fisici teorici, la reputa una corbelleria). E, dulcis in fundo, lo stesso metodo sperimentale è processo di ricerca che DEVE essere sempre pronto a rimettersi in discussione; e dunque, una verità scientifica non può dirsi esistere se non come faticoso ed infinito percorso di avvicinamento; ricerca della verità, non verità.
         Questa considerazione è già tale da far saltare, quanto alla verità, a conclusioni estremamente importanti.
          Ma torniamo a Parmenide. E facciamo un’altra considerazione. Parmenide arriva alla sua conclusione per via esclusivamente razionale: non c’è, nel suo “sciolingua”, traccia alcuna di fideismo (cosa viceversa riscontrabile in Platone e in altri, compreso lo stesso Socrate). D’altra parte, anche la scienza è razionale: il metodo della scienza, e le conclusioni cui giunge, sono perfettamente logici. E con che meravigliosi risultati!!!
          Come possono coesistere Parmenide e la scienza moderna? Questo è, secondo me, il problema. Se sono entrambi razionali, perché non coesistono??
          Si potrebbe obiettare: abbandoniamo Parmenide, e scegliamo Eraclito: e così si risolve il problema. Sì, sarebbe cosa ottima, se Eraclito, o chiunque altro, avesse dimostrato la falsità della tesi di Parmenide: cioè che l’essere possa essere e non essere. Ma nessuno l’ha mai dimostrato.
           Si potrebbe, ancora, dire: l’essere può essere o non essere in dipendenza del tempo: un essere umano non era prima di nascere, è mentre vive, non è più dopo la morte. Sì, ma… il problema non è un essere qualunque, dico un Giuseppe Freda o un Vincenzo Cataldo. L’UOMO è UN COROLLARIO. Il problema è l’essere. Se si arriva ad affermare che l’uomo e tutto ciò che esiste nasce, vive e muore in dipendenza del tempo, occorre giungere ad affermare che l’essere dipende dal tempo, e dunque che solo il tempo E’. Tesi aberrante: qui anche la scienza non potrebbe che ribellarsi, essendole ben noto essere il tempo un semplice concetto di relazione, una quarta dimensione della realtà sensibile, ma niente di esistente, come del resto lo spazio.
           Ecco: la negazione di un valore ontologico del tempo. Secondo me, è questo il punto di incontro. La scienza, nel parlare di big bang, cioè di un momento iniziale dell’universo, non ricollega a quell’istante la sola nascita della materia, ma anche la nascita del tempo.
           La stessa scienza, inoltre, ammonisce che chiedersi cosa ci fosse PRIMA del big bang è un non senso, perché il tempo non c’era, e non si può parlare di un prima. L’energia?? Prima del big bang non ce n’era neanche un briciolo. Il big bang è appunto nascita di energia che si trasforma in materia. Prima di questo ipotetico big bang, è inutile negarlo, per la scienza c’è IL NULLA. Anzi, volendo essere rigorosi, non c’è NEPPURE IL PRIMA. Questa affermazione, a mio avviso, ha lo stesso valore che potrebbe avere l’altra, secondo cui la creazione è avvenuta ad opera di un vecchio con la barba. Cioè valore zero. Cosa che la scienza in effetti non nega: onestamente dice NON SO.  
            E, signori scienziati, vi sembra possibile, dopo tanto peregrinare intellettuale e tante scoperte, arrivare a un non so? Capisco, sospensione del giudizio: la scienza può e deve farlo, certo. Ma l’essere umano, no. Mi sembra evidente che, di fronte ad un’affernazione del genere, Giuseppe e Vincenzo debbano tornare, a spron battuto, a ciò che nessuno ha dimostrato fallace, cioè a Parmenide. Almeno lui non arriva ad ipotizzare l’assurdo, né sospende il giudizio.
            Identico ragionamento, mutatis mutandis, vale per ogni altra tesi che non sia il big bang. Si arriva sempre a un punto in cui la scienza deve sospendere il giudizio e l’uomo, se vuole trovare una soluzione (la sua soluzione personale, dico) deve andare da solo. Scusate, ma che ne direste voi di una guida che prende un viaggiatore, recatosi semmai in Egitto, lo conduce a vedere Piramidi e quant’altro, e poi lo abbandona in pieno deserto, dicendogli: “Amico, qui dobbiamo sospendere il giudizio, e addio”??  : ))))
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    IL GIOCO DELLE PERLE DI VETRO
    Mi permetto di entrare in questa affascinante discussione tra persone che cercano, perché sin da quando ho avuto uso di ragione ho cercato sempre in questa direzione, e qualcosa credo di aver trovato.
         Il problema di Vincenzo, a quello che mi pare di capire, riguarda l'apparente conflitto tra l'essere, cui si perviene sia razionalmente che con il cuore, e il divenire che appare. In una parola, l'antinomia tra Eraclito e Parmenide.
         Orbene, mi pare evidente che questa antinomia non può essere risolta dalla scienza, perché la scienza indaga il divenire, non l'essere. E dunque è di parte. Si colloca nettamente dalla parte di uno degli elementi dell'antinomia (Eraclito): tant'è che ogni fenomeno fisico viene studiato quanto al suo evolversi nel tempo; e il tempo è appunto nient'altro che il divenire stesso, antitesi per antonomasia del concetto di essere.
         Il disagio, per chi cerca (e sente) l'essere e dunque Dio, diviene ancora più stridente per via dei successi che la scienza moderna consegue nell'interpretare e nel prevedere l'evolversi della realtà fenomenica.
         Per risolvere il problema, occorre innanzitutto rivisitare il concetto di tempo. Ma, per farlo, bisogna, ancora più a monte, porre l'Essere sul suo giusto piano.
         La geniale intuizione di Parmenide ("l'essere è e non può non essere"; "l'essere è, il non essere non è") sembra uno scioglilingua, ma reca in sè implicazioni esplosive, anche al giorno d'oggi. Parmenide ci dice questo: che non può darsi che un qualcosa sia e non sia. Viceversa, la nostra esperienza ci mostra che, con la mediazione del tempo, tutto è e non è. 100 anni fa, nessuno di noi esisteva; molto probabilmente, tra 100 anni, nessuno di noi esisterà. E questo è razionalmente contraddittorio. Ciò che è stato, anche per un solo istante, è e basta, perché ha partecipato dell'essere, e dunque non può "mutarsi" in non essere.
         Da questo “scioglilingua” di Parmenide derivano dunque le seguenti conseguenze:
    1) solo Dio (l’essere) è, cioè solo Dio esiste;
    2) tutto ciò che di molteplice esiste (noi, gli animali, gli alberi, la materia), in tanto esiste, in quanto partecipe dell’essere, cioè di Dio;
    3) il divenire (cioè il tempo e gli effetti che esso produce) è mera apparenza.
    Queste tesi appaiono quanto di più antiscientifico possa esistere; qualsiasi scienziato non scommetterebbe, su nessuna di esse, neanche un soldo bucato.
          E così la filosofia (e segnatamente l’ontologia) e la scienza divergono irrecuperabilmente; e i tentativi di conciliazione operati da tanti (penso innanzitutto a Geymonat) non hanno avuto risultato, finora.
          Se infatti la posizione dell’ontologia appare scientificamente debole, altrettanto debole appare la posizione della scienza quanto alla soluzione dei problemi finali dell’uomo.
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    Caro Amico, sono fermamente convinto che abbiamo gli stessi pensieri, infatti: hai perfettamente ragione quando pensi che l'Universo e l'Energia sono sinonimi e io penso che non finiranno mai in quanto, se pure ci fosse materia sufficiente per una implosione dell'Universo futura, si mostrerebbe un ritorno alle origini e quindi una nuova eventuale Creazione e così all'infinito.
    Questo, secondo me, era il disegno di Dio fin dal principio: Sempre secondo il mio modestissimo parere tutto era già scritto nella forma energetica primordiale.
    Anche se sembra che divergiamo in alcune valutazioni, probabilmente è soltanto come tu dici difficile usare i termini appropriati, ma io sono sicuro che ci sono molte più cose che uniscono i nostri pensieri di quelle che li dividono.
    Ciao Amico! Silvano.
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    Grazie del tuo commento caro amico. Non è eresia: ciò che ho asserito è frutto di un pensiero che da tanto tempo mi assilla: ma  volevo spiegare l'esistenza di un trascendente con questo ragionamento, visto ciò che ho asserito alla fine della disquisizione.
    Per come la penso è l'energia che ha creato il mondo così come dice la teoria del Big Bang ebbene nella stessa energia esisteva già la Divina informazione per la creazione di tutto ciò che ora abbiamo sotto agli occhi, provando che essa stessa è intelligenza allo stato puro: era già tutto scritto prima dell'evoluzione e del bazo spazio temporale che il big Bang ha creato.
    Nota la parola Creato, per dire che c'è stato un inizio e ci sarà anche una fine  dell'universo ma non la fine dell'energia ( Dio? ). Un saluto. Silvano Montanari

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