Spesso si chiede con una certa inquietudine: "esiste qualcosa di stabile nella vita? È possibile che tutto si trasformi, che tutto cambi e niente permanga?" Ora, se in noi non ci fosse nulla di stabile; se tutto ma davvero tutto fosse transitorio e non permanente, come potremmo osservare il divenire e lo stesso accadere degli eventi, dei sentimenti, e di tutte le cose? Come potremmo percepire il cambiamento, anche se questo fosse solo un'illusione effimera? Quando eraclito enuncia il suo celeberrimo "pánta rêi", può fare questa osservazione solo a partire da un centro percettivo relativamente stabile, altrimenti scorrerebbe insieme alle cose che vede dissolversi e cambiare: e tutto, ma davvero tutto, sarebbe immobile, al punto tale che non si potrebbe più parlare neppure di "immobilità". Poiché tutto sarebbe eterno e mai divenuto, mai avvenuto, mai trapassato. Il fiume scorre perché io sono seduto sulla sua sponda. Il nostro compito essenziale di fronte al divenire di ogni cosa, all'abbandonarci di ogni certezza, allora, è quello di ritrovare in noi stessi questo centro immutabile.
Composta venerdì 25 settembre 2015
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