Gli orari della vita dovrebbero prevedere un momento, un momento preciso della giornata, in cui ci si potrebbe impietosire sulla propria sorte. Un momento specifico. Un momento che non sia occupato né dal lavoro, né dal mangiare, né dalla digestione, un momento perfettamente libero, una spiaggia deserta in cui si potrebbe starsene tranquilli a misurare l'ampiezza del disastro. Con queste misure davanti agli occhi, la giornata sarebbe migliore, l'illusione bandita, il paesaggio chiaramente delineato. Ma se si pensa alla propria sventura tra due forchettate, con l'orizzonte ostruito dall'imminente ripresa del lavoro, si prendono delle cantonate, si valuta male, ci si immagina messi peggio di come si sta. Qualche volta, addirittura, ci si crede felici!
dal libro "Il paradiso degli orchi" di Daniel Pennac
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