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Noi ci amiamo. Irreparabilmente, ci amiamo. Questo ho capito, Aspsia. Ho capito che tutto ciò che viene fatto per amore accade al di là del bene e del male. Se esiste un inferno degli amanti, quell'inferno è vuoto.
"Quella ragazza è feramente carina, " disse Krum, richiamando Harry alla realtà. Krum indicava Ginny, che aveva appena raggiunto Luna. "Anche lei è una tua parente?" "Sì", disse Harry, improvvisamente irritato, "ed esce con un tizio. Uno gelosissimo. Un tipo grosso. Non ti conviene farlo arrabbiare".
La paura gli stava dentro come un cane arrabbiato: guaiva, ansava, sbavava, improvvisamente urlava nel suo sonno; e mordeva, dentro mordeva, nel fegato nel cuore. Di quei morsi al fegato che continuamente bruciavano e dell'improvviso doloroso guizzo del cuore, come di un coniglio vivo in bocca al cane.
Non riusciva più a controllare il proprio tremito. Non era poi tanto facile morire. Ogni secondo che respirava, l'odore dell'erba, l'aria fresca sul viso, era tutto così prezioso: pensare che altri avevano anni e anni, tempo da perdere, tanto tempo che non passava mai, e lui si aggrappava a ogni singolo istante. Pensò che non sarebbe riuscito a continuare e nello stesso tempo seppe che doveva. La lunga partita era finita, il Boccino era stato preso, era ora di lasciare il campo... Il Boccino. Con le dita intorpidite, trafficò per un momento con la saccoccia che portava al collo e lo tirò fuori. Mi apro alla chiusura. Lo fissò, con il respiro affannato. Adesso che voleva che il tempo che il tempo si muovesse il più lentamente possibile, ecco che accelerava, e l'intuizione sembrò arrivare più veloce del pensiero. Era questo il momento. Premette il metallo contro le labbra e sussurrò: "Sto per morire". Il guscio dorato si spezzò. Lui alzò la mano tremante, levò la bacchetta di Draco sotto il Mantello e mormorò: "Lumos". La pietra nera con la crepa al centro era posata nel Boccino.
Come la pioggia contro una finestra fredda, questi pensieri tamburellavano sulla dura superficie dell'incontrovertibile verità: doveva morire. Io devo morire. Doveva finire.
Sentì il cuore battere forte nel petto. Strano che, nel terrore della morte, pompasse più forte, tenendolo energicamente in vita. Ma doveva fermarsi, e presto. I suoi battiti erano contati.
Si scostò di pochi centimetri per guardarmi, ma i suoi occhi non facevano niente per assecondare la mia decisione. Erano fuoco nero. Ardevano. "Perché?", chiese di nuovo, a voce bassa e ruvida. "Ti amo. Ti voglio. Adesso". "Aspetta, aspetta", cercai di dire, aggirando le sue labbra. "Io no di certo", mormorò. "Per favore", esclamai. Con una smorfia si allontanò da me e rotolò sul fianco.