"Quante volte" chiesi disinvolta. "Come?" Sembrava l'avessi distolto da chissà quale catena di pensieri. Non mi voltai. "Quante volte sei venuto qui?". "Vengo a trovarti quasi tutte le notti". Mi voltai di scatto, stupita: "Perché?" "Sei interessante quando dormi". Lo diceva come se niente fosse. "Parli nel sonno". "No!" Sbottai, rossa di vergogna fino ai capelli. Era dispiaciuto, glielo leggevo negli occhi. "Sei tanto arrabbiata con me?" "Dipende!" Mi sentii come se qualcuno mi avesse rubato l'aria. Aspettò che chiarissi. "Da..." mi sollecitò dopo un po'. "Da quel che hai sentito!" Strillai. All'istante, in silenzio si materializzò al mio fianco e mi prese le mani con delicatezza. "Non essere così sconvolta" Si chinò su di me e da pochi centimetri di distanza mi fissò negli occhi. Ero imbarazzata, e cercai di distogliere lo sguardo. "Ti manca tua madre" sussurrò. "E che altro?" Sapeva dove volevo arrivare. "Hai pronunciato il mio nome" ammise. Sospirai, rassegnata: "Tante volte?" "Quante sarebbero precisamente - tante-?" "Oh, no!" Chinai la testa. "Non prendertela con te stessa" mi sussurrò in un orecchio. "Se fossi capace di sognare, sognerei te. E non me ne vergogno".
"Perché non mi fai compagnia oggi?" chiese lui, con un sorriso. [...] "Così è diverso", riuscii infine a sibilare. "Bè...". Fece una pausa, e poi riprese di slancio a parlare. "Ho pensato che se proprio devo andare all'inferno, tanto vale andarci in grande stile". [...]" Credo che i tuoi amici siano arrabbiati con me perché ti ho rapita." "Sopravviveranno". [...] "Non è detto che ti restituisca, però", disse lui, con una luce maliziosa negli occhi. [...] "... a cosa devo tutto questo?" "Te l'ho detto, sono stanco di sforzarmi di starti lontano. Perciò, ci rinuncio." "Rinunci?", ripetei io, confusa. "Si, rinuncio a sforzarmi di fare il bravo. D'ora in poi farò solo ciò che mi va e mi prenderò quel che viene." Il sorriso svanì e nella sua voce c'era una punta di durezza. "Mi sono persa un'altra volta." Riecco il sorriso sghembo mozzafiato.
"I tuoi istinti umani... " m'interruppi, e lui attese che completassi la frase. "Beh, mi trovi minimamente attraente anche il quel senso?" Rise e mi arruffò i capelli quasi asciutti. "Non sarò un essere umano, ma un uomo sì".
"Isabella". Pronunciò il mio nome completo con attenzione; poi, con la mano libera, giocò con i miei capelli, scompigliandoli. Quel contatto così casuale mi scatenò una tempesta dentro. "Bella, arriverei a odiare me stesso, se dovessi farti del male. Non hai idea di che tormento sia stato", abbassò gli occhi, intimorito, "il pensiero di te immobile, bianca, fredda... di non vederti più avvampare di rossore, di non poter più cogliere la scintilla nel tuo sguardo quando capisci che ti sto prendendo in giro... non sarei in grado di sopportarlo". Mi fissò con i suoi occhi meravigliosi e angosciati. "Ora sei la cosa più importante per me. La cosa più importante di tutta la mia vita".
Ora che sapevo del mio segreto pauroso non potevo fare niente. Perché quando pensavo ad Edward, alla sua voce, al suo sguardo ipnotico, al magnetismo della sua personalità, non desideravo altro che trovarmi accanto a lui.
Bella - Hai mai pensato che la mia ora doveva suonare già la prima volta, con l'incidente del furgoncino, e che tu hai di fatto interferito con il destino? Edward - Quella non è stata la prima volta. La tua ora è suonata quando ti ho conosciuta.