Ma finalmente capiva quello che Silente aveva cercato di dirgli. Era, si disse, la differenza fra l'essere trascinato nell'arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell'arena a testa alta. Forse qualcuno avrebbe detto che non era una gran scelta, ma Silente sapeva -e lo so anch'io- pensò Harry con uno slancio di feroce orgoglio -e lo sapevano anche i miei genitori- che c'era tutta la differenza del mondo.
Harry: "Andrà tutto bene, signore" ripeté ancora e ancora, più preoccupato del mutismo di Silente di quanto lo fosse stato dalla sua voce indebolita. "Ci siamo quasi... Posso farci materializzare tutti e due... non si preoccupi." Silente: "Non sono preoccupato, Harry" rispose Silente, la voce un po' più forte nonostante l'acqua gelata. "Sono con te".
"Abbiamo vinto!" gridò Ron, balzandogli davanti e bandendo la coppa d'argento. "Abbiamo vinto! Quattrocentocinquanta a centoquaranta! Abbiamo vinto!" Harry si guardò intorno; c'era Ginny che gli correva incontro: aveva un'espressione dura, splendente, e lo abbracciò. E senza riflettere, senza averlo premeditato, senza preoccuparsi del fatto che cinquanta persone li stavano guardando, Harry la baciò.
Harry scosse la testa. "È stato stupido, pensare che fosse lui" mormorò. "Voglio dire, lo sapevo che è morto". "Credi che le persone scomparse che abbiamo amato ci lascino del tutto? Non credi che le ricordiamo più chiaramente che mai nei momenti di grande difficoltà? Tuo padre è vivo in te, Harry, e si mostra soprattutto quando hai bisogno di lui. Altrimenti come avresti fatto a evocare proprio quel Patronus? Ramoso è tornato a correre la notte scorsa." A Harry ci volle qualche istante per capire quelle parole.