Scritta da: Maresa Schembri
Quis habet fortius certamen quam qui nititur vincere seipsum?
Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso.
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Quis habet fortius certamen quam qui nititur vincere seipsum?
Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso.
Alcuni terribili versetti del Deuteronomio ci ammoniscono a non perdere la consapevolezza della nostra dignità di essere liberi pena il ritorno all'Egitto nella più dura delle condizioni. Il ritorno in Egitto è sempre in agguato, non bisogna farsi illusioni. La schiavitù che quel luogo rappresenta non è solo quella dura che vediamo rappresentata nel film di genere, essa è anche l'asservimento alle seduzioni del potere e del denaro.
The cruellest lies are often told in silence.
Le menzogne più crudeli sono spesso dette in silenzio.
Senza confine temporale la vita entra in una sorta di indifferenza di sé, viene rapita a se stessa dall'ebbrezza dell'eternità.
Volere entrare in quel tempo folgorante sempre uguale a se stesso, equivale a volere entrare nella morte. Tempo che è inutile anticipare perché ci è già riservato, e anticipare il tempo della morte è una profanazione del tempo della vita.
Il tempo: ciò che l'uomo è sempre intento a cercar di ammazzare, ma che alla fine ammazza lui.
L'enigma è ciò di cui non scorgiamo né principio né fine, ciò che dura oltre la vita.
Peras imposuit Iuppiter nobis duas:
propriis repletam vitiis post tergum dedit,
alienis ante pectus suspendit gravem.
Hac re videre nostra mala non possumus:
alii simul delinquunt, censores sumus.
Giove ci impose due bisacce:
ci mise dietro quella piena dei nostri difetti,
e, davanti, sul petto, quella con i difetti degli altri.
Perciò non possiamo scorgere i nostri difetti,
e, non appena gli altri sbagliano, siamo pronti a biasimarli.
È vitale fare un uso responsabile delle parole, ed è urgente condannarne l'abuso come crimine.
Questa prospettiva è sempre più lontana dal nostro mondo in cui nessuno è più chiamato a rispondere delle proprie parole, nel flusso indistinto di catarro verbale che domina il nostro spazio comunicativo.
L'idolatria non è altro che la forma culturale della tirannia.
È giunta l'ora di proclamare che c'è un solo modo di vivere in pace su questa Terra: da straniero fra gli stranieri!