Percy scuoteva il fratello, Ron era inginocchiato accanto a loro, e gli occhi di Fred li fissavano senza vederli, lo spettro dell'ultima risata ancora impresso sul volto.
"I tuoi istinti umani... " m'interruppi, e lui attese che completassi la frase. "Beh, mi trovi minimamente attraente anche il quel senso?" Rise e mi arruffò i capelli quasi asciutti. "Non sarò un essere umano, ma un uomo sì".
"Perché non mi fai compagnia oggi?" chiese lui, con un sorriso. [...] "Così è diverso", riuscii infine a sibilare. "Bè...". Fece una pausa, e poi riprese di slancio a parlare. "Ho pensato che se proprio devo andare all'inferno, tanto vale andarci in grande stile". [...]" Credo che i tuoi amici siano arrabbiati con me perché ti ho rapita." "Sopravviveranno". [...] "Non è detto che ti restituisca, però", disse lui, con una luce maliziosa negli occhi. [...] "... a cosa devo tutto questo?" "Te l'ho detto, sono stanco di sforzarmi di starti lontano. Perciò, ci rinuncio." "Rinunci?", ripetei io, confusa. "Si, rinuncio a sforzarmi di fare il bravo. D'ora in poi farò solo ciò che mi va e mi prenderò quel che viene." Il sorriso svanì e nella sua voce c'era una punta di durezza. "Mi sono persa un'altra volta." Riecco il sorriso sghembo mozzafiato.
Erano di una tale avvenenza, e avevano tanto stile e portamento che avrebbero potuto cavarsela anche coperti di stracci. Sembrava un'esagerazione che quei ragazzi fossero sia belli che ricchi. Eppure, per quel che ne sapevo, il più delle volte la vita andava così. Tuttavia non pareva che il denaro gli avesse comprato la benevolenza di Forks.
"Quante volte" chiesi disinvolta. "Come?" Sembrava l'avessi distolto da chissà quale catena di pensieri. Non mi voltai. "Quante volte sei venuto qui?". "Vengo a trovarti quasi tutte le notti". Mi voltai di scatto, stupita: "Perché?" "Sei interessante quando dormi". Lo diceva come se niente fosse. "Parli nel sonno". "No!" Sbottai, rossa di vergogna fino ai capelli. Era dispiaciuto, glielo leggevo negli occhi. "Sei tanto arrabbiata con me?" "Dipende!" Mi sentii come se qualcuno mi avesse rubato l'aria. Aspettò che chiarissi. "Da..." mi sollecitò dopo un po'. "Da quel che hai sentito!" Strillai. All'istante, in silenzio si materializzò al mio fianco e mi prese le mani con delicatezza. "Non essere così sconvolta" Si chinò su di me e da pochi centimetri di distanza mi fissò negli occhi. Ero imbarazzata, e cercai di distogliere lo sguardo. "Ti manca tua madre" sussurrò. "E che altro?" Sapeva dove volevo arrivare. "Hai pronunciato il mio nome" ammise. Sospirai, rassegnata: "Tante volte?" "Quante sarebbero precisamente - tante-?" "Oh, no!" Chinai la testa. "Non prendertela con te stessa" mi sussurrò in un orecchio. "Se fossi capace di sognare, sognerei te. E non me ne vergogno".
"Bella, ti prego! Bella, ascoltami, ti prego. Ti prego, bella, ti prego!" Avrei voluto rispondere con un sì. O in un qualsiasi altro modo. Ma non riuscivo a trovare le labbra. "Bella, Bella, no! Oh, ti prego no, no". E l'angelo iniziò a gemere, senza versare una lacrima. Non era giusto, l'angelo non doveva piangere. Volevo trovarlo, dirgli che andava tutto bene, ma l'acqua era troppo profonda, e mi schiacciava, non riuscivo a respirare.
- "Mi manchi" sussurrai. - "Lo so, Bella. Credimi, lo so. È come se ti fossi portata via metà di me stesso" - "E allora vieni a riprendertela" - "Presto, il più presto possibile. Prima ti salverò" - "Ti amo".