"Non puoi viverlo!" Gli ripete la testa e spera che, a forza di ripeterglielo, convincerà anche lui, il cuore. Ma lui no, fa finta di non capire. "Perché non posso?" Chiede lui, il cuore. "Perché non hai tempo, hai altro a cui pensare" [...] No, il cuore non pensa, però ascolta. Gli sembrano buone le motivazioni e si piega agli ordini della testa.
Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.
La vita fa presto a riformare dei vincoli che prendono il posto di quelli da cui ci si sente liberati: qualunque cosa si faccia e ovunque si vada, dei muri ci si levano intorno creati da noi, dapprima riparo e subito prigione.
Noi donne siamo nate - o siamo state educate così? - attente a tutto quello che accade agli altri, ma assai poco a ciò che ci riguarda in prima persona. Nel linguaggio del non detto, viviamo protese verso "l'altro finale": la maternità. I figli maschi non si accorgono di nulla, loro giocano a pallone; le femmine, invece, si preoccupano perché il viso della mamma è segnato dalla tristezza: da sempre sanno riconoscere le espressioni della tristezza.
Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che se io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno lì, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull'umanità, sul governo, sull'amministrazione municipale, su Moravia.
O! O! O! Ho bisogno del nettare dal bel colore Per guarire il mio cuore e annegare il mio dolore. La pioggia può cadere e il vento soffiare, È lunghissima la strada che mi resta da fare, Ma sotto un grande albero io mi riposerò E le nuvole veloci passare guarderò.
"Non ho forse il diritto di comandare ai miei servitori?". "Ne hai il diritto", rispose Gandalf, "ma gli altri hanno il diritto di opporsi al tuo volere, quando significa pazzia e infamia".