Quando diciamo a qualcuno di farci la carità di star zitto o di non preoccuparsi, per carità, ormai intendiamo soltanto enfatizzare una nostra richiesta.
E d’altra parte, il profondo senso di solidarietà della carità cristiana delle origini non può essere ridotto al semplice gesto di fare la carità, dando un’elemosina di pochi spiccioli a un povero che chiede la carità.
Il nostro tempo assiste però anche a una ripresa di coscienza del valore di carità come volontà fattiva di mettere a disposizione di chi è a disagio non solo i beni, ma il tempo e le energie in una scelta di amore e condivisione.
È una scelta fondata non soltanto sul cuore ma anche sull’intelligenza, quella di condividere ciò che abbiamo, di venire incontro agli altri ed aiutarli. Non solo la povertà materiale, ma anche la malattia, l’handicap e persino la vecchiaia possono essere fonti di malessere, di disagio o sofferenza.
Sostenere tutte queste persone è senz’altro una forma di carità ma è anche uno stare insieme in cui si può condividere, scambiare amore, esperienze, energia, rigenerando quel grande capitale comune che è la vita stessa.
Si legge dal Vangelo:
"Quando fai la carità non sappia la sinistra ciò che fai con la tua destra."
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