Commenti a "Il dolore nasce nell'ignoranza dell..." di Giulio Pintus


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In riferimento all' ultimo  commento visibile di Daline 98, vi sono due questioni che sono dissimili, benché trattino dello stesso oggetto: una si riferisce alle radici che il dolore ha ( la frase da me postata) , l' altra tratta dei frutti del dolore ( faccenda che non ha alcun legame con l' aforisma di cui sopra e, di cui, dunque, non intendo trattare, perlomeno ora); questa distinzione è fondamentale affinchè  possa cercare di spiegarmi meglio.
Trovo invece attinente ed utile ciò scrivi come prima asserzione : "tutti posseggono qualcosa, quindi tutti potrebbero perderla", infatti è esattamente ciò che io stesso ho scritto sulla frase postata; certo, non tutti pensano a ciò che possiedono nel medesimo modo: Vi sono persone che si accapigliano per le cose, altre no. Vi sono persone che possiedono ( ma è solo un esempio) un' automobile e sono consapevoli che quello è un mezzo di trasporto e lo utilizzano, appunto, per ciò che è (consapevoli che un giorno quell' auto smetterà di funzionare, o se non pagata, verrà pignorata, in entrambi i casi ( ma anche in qualsiasi altro caso possibile) l' universo se la riprenderà; altri che, invece, considerano la loro macchina un fine. Anche lo stesso linguaggio che è uno strumento per comunicare le proprie idee, è utilizzato da taluni come fine, obbiettivo, bersaglio, forse fraintendendo Confucio : "Che vanità, voler penetrare il bersaglio quando tiri con l' arco. Ci sarà sempre uno più forte di te. L' unica cosa che conta è la correttezza del gesto".

Tutti noi, possediamo qualcosa, certo, ed è certo che un giorno la perderemo, alcuni valutano questo qualcosa, qualsiasi cosa sia, indispensabile e fondamentale per la realizzazione di se stessi, altri, invece, no; cercano, di elevare il loro punto di osservazione, così da non essere succubi delle cose, pur possedendole.
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Intanto tutti posseggono qualcosa, quindi tutti potrebbero perderla, concordo con malandrino,le opere migliori e gli artisti più grandi sono frutto del dolore, della sofferenza(interno o esterno)il dolore è frutto della vita, nessuno di noi credo scelga volontariamente di soffrire e, l'impermanenza è un dato di fatto, che lo si voglia o no le cose cambiano attimo per attimo...quindi non vedo ignoranza nel dolore così come nel credere che tutto possa essere impermanente..
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Prima di commentare una frase, bisognerebbe capire di che si sta parlando. Personalmente, ho votato 10 questa frase, e lo rifaccio ora. In essa non c'è alcun ottimismo (anzi !!), ma una constatazione di fatto: il continuo fluire del tempo e dell'esistenza, che senza speranza alcuna ci destina a perdere tutto ciò che riteniamo di possedere, fino a privarci della stessa vita.
     Bisogna dunque che ci rendiamo conto di non possedere alcunché, proprio a motivo del fatto che tutto ciò che riteniamo di avere, qualsiasi bene, qualsiasi conquista, prima o poi lo perderemo. NULLA E' NOSTRO, PERCHE' NULLA PUO' ESSERLO.
    Questo significano le parole "Il fluire dell'esistenza, dell'universo non può sottrarmi alcunché, se non lo posseggo."
    Chi è non è COSTANTEMENTE cosciente di questa situazione di impermanenza, la ignora, E RITIENE ERRONEAMENTE di possedere qualcosa. Quando verrà la privazione, che sicuramente verrà, sicuramente proverà dolore.
    Il dolore deriva da questa ign*oranza.  Che poi il dolore produca il canto dei cigni, le furie omicide, o le opere d'arte, è cosa che attiene ai frutti del dolore e non alle sue cause, come giustamente precisa l'autore.
    Vorrei a questo proposito aggiungere che il frutto principale del dolore è l'affinamento dello spirito, cioè la sua elevazione al di sopra della materialità dell'insanabile dualismo illusione-delusione.
    Ma questo è probabilmente troppo in questo contesto di lillipuziani, dal quale sempre più vado desiderando di venir fuori al più presto.
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Basta! Se intendi offendermi nuovamente, dovrai prima scusarti :-)
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Siamo alle solite...

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