Rincorrevo le sue labbra senza fermarmi. E lei sorrideva, sfuggendo. Poi, si rigirava e mi guardava ancora un po'; aprivo - a malapena - gli occhi per non farmi accorgere. Lei restava lì, con i suoi occhi conficcati nella mia pelle. Immobile. Statuaria. Riconoscevo la perfezione pur a occhi socchiusi. Perché di quella perfezione arriva la deflagrazione, l'onda d'urto, la "violenta" bellezza che, pur immobile, è, comunque, azione. Non lascia irriverenti tale bellezza. Perché non è di cartapesta ma è, semplicemente, così. A tal punto da dover sbirciare a occhi socchiusi.
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