Ad oggi molti non credono più alle favole eppure, studiando la storia e mi riferisco a quella delle persone comuni del passato, si scopre che le favole un tempo erano l'ordinario e che siamo noi oggi ad attribuirgli quel termine. Chissà, forse, se quelle stesse persone potessero leggere la nostra di storia, chiamerebbero queste fantasie o, peggio ancora, incubi. Noi non abbiamo perso la capacità di credere alle favole ma la volontà di rendere la nostra vita d'ogni giorno un'autentica favola, presi come siamo da altri interessi che, però, ci relegano al margine della vita privata nascondendoci all'altro, oltre che a noi stessi, senza dare modo a nessuno di conoscerci davvero. In realtà, così facendo, non diamo la possibilità neanche a noi stessi così che perpetriamo la strada del bisogno presto appagato, di un surrogato della felicità che lascia ancora una volta un vuoto e quell'alienazione che, per vizio, chiamiamo realtà, verità, ma che è solo l'incubo dalla quale non sappiamo, in molti non vogliamo, svegliarci.
Composto lunedì 8 febbraio 2016
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