Credo alla storia del calabrone, che a causa del suo corpo goffo e sproporzionato non potrebbe volare, ma ho creduto a coloro i quali urlano al mondo di accontentarsi, perché chi si accontenta gode, a quelli che ti chiedono di non cambiare la strada vecchia per quella nuova e a quelli ancora, che chiedono a noi tutti di non fidarsi delle apparenze, perché mentono. Ho creduto a tutti loro, poi... Capisci, che i bambini sono felici perché non sanno che per volare c'è bisogno di un paio d'ali. Capisci, che chi si accontenta muore a metà e l'altra metà vive rimpiangendo la metà ormai scomparsa. Capisci, che non dovremmo aver paura dell'ignoto, ma solo un profondo rispetto. La luna mostra sempre la stessa faccia, ma nulla mi vieta di credere, che al di là di ciò che vedo non ci sia qualcosa che potrebbe riempirmi gli occhi di meraviglia. Capisci, che chi vive di apparenze è destinato a morirne, ma raschiare il fondo in cerca di certezze mostra solo metà di quella verità che proprio le apparenze a volte tengono nascosta. Dovremmo tutti essere un po' calabrone, forse un po' bambini, e credere che le mani possono arrivare sempre, dove la mente ti può portare.
È strano quanto la verità possa cambiare la nostra esistenza, quanto una bugia possa a volte renderci liberi e felici; è strano quanto la tristezza spesso nasconda un animo geniale e allo stesso tempo macabro, quanto la consapevolezza di essere fragili ci renda forti, quanto un sorriso spesso nasconda le parole che non vorremmo sentire e quanto una lacrima ciò che in realtà vorremmo sentirci dire. È strano quanto possa apparire lunga la vita e l'istante dopo quasi non ci si accorga di averla già del tutto consumata, quanto possa essere futile sprecare del tempo a racimolare beni che non serviranno poi a nulla e quanto possa essere stupido riempirsi le tasche con un lavoro che non si è mai amato. È strano quanto tempo gettiamo mescolandoci con ciò che non ci apparterrà mai veramente e quanto poco invece con quello che ci rende realmente felici; è strano quanto la parola di un amico possa essere inutile, e quella di uno sconosciuto possa cambiarci la vita, quanto sia sottile la linea tra la vita e la morte, la tristezza e la felicità; è strano quanto la forza non si misuri con i muscoli che ricoprono il corpo ma con la forza di volontà dell'animo. È strano quanto tutto ciò in cui abbiamo sempre creduto possa sembrare l'unica cosa pronta a tradirti; quanto possa essere infantile credere di poter sfuggire alla morte fino a quando le prime rughe non verranno a solcare il viso, e quanto male siamo pronti a farci l'un l'altro consapevoli di poter essere perdonati. È strano quanto tutto ciò ci risulti ovvio solo nel momento in cui abbiamo la certezza di non aver più tempo per cambiare le cose.
Salivo su un'altalena e mi ritrovavo a guardare il mondo a testa in giù, respirando lo stesso ossigeno, guardando lo stesso fiore sparirmi e ricomparirmi davanti. Salivo su un'altalena e mi ritrovavo a testa in giù a guardare lo stesso mondo ripetermi, che sacrificio vuol dire dolore in un mondo che insegna che puoi aver tutto allungando semplicemente la mano. Lo ascoltavo ripetermi che la felicità risiedeva in un corpo che mantenevi stretto al tuo e non nei sorrisi di chi quelle braccia le riempiva solo di oggetti. Quel mondo mi ripeteva che l'amore è per sempre, ma non sempre è amore quello di chi lo ripete tenendo i piedi ben saldi a terra. Allora la presi per mano e la invitai a salire su un'altalena e le mostrai l'amore, che non aveva bisogno di essere urlato in un mondo, che guardato nel verso contrario, a me appariva andare nel senso giusto.
Mia madre mi consegnava le Madeleines tra le mani e io ringraziavo Dio per aver creato lo zucchero e la farina; le ginocchia erano sbucciate e i vestiti zuppi di sudore, io lo ringraziavo per aver creato i pomeriggi dopo la scuola. Quando la maestra mi colpiva con uno schiaffo, lo ringraziavo per aver evitato, che quello schiaffo, mi fosse dato da mia madre; lo ringraziavo per aver creato i citofoni con i quali invitavo gli amici a raggiungermi al parco e il telefono di bachelite, con il quale, raggiungevo i nonni con la voce a chilometri di distanza. Non avevo nulla, ma ringraziavo Dio, perché aveva il sapore di tutto.
Esiste un momento in cui ti accorgi che la vita è un continuo ripetersi, un continuo proseguire lungo una strada che ormai conosci perfettamente; è svegliarsi in un giorno che ha il sapore di domani, ma l'odore di ieri. Quando arriverà quel giorno anche per te, smetterai di credere in quello che desideri e accoglierai con voglia quello che sei; ti accorgerai che i raggi del sole di prima mattina emanano lo stesso calore poco prima del calar della notte e che l'inizio di un viaggio ha lo stesso valore della fine del viaggio stesso. Ti accorgerai che avrai smesso di credere che qualcosa possa cambiare, perché per quanto tu possa sforzarti di stravolgere gli eventi, saranno loro che stravolgeranno te; ti accorgerai che le carezze d'un tempo non avranno più lo stesso sapore, i baci d'un tempo non saranno più appassionati come allora; ti accorgerai che i suoi sorrisi non saranno più luminosi come una volta. Crederai, poi, quasi di odiare ciò che prima avevi amato con tutto te stesso, crederai di dover rinnegare ciò che prima avevi difeso con tutte le tue forze e solo allora poi capirai che amare è complicato, ma non amare lo è di più.
Perdendo le foglie, gli alberi non si separano dalla loro parte più debole, ma da quella più forte. Sono le foglie che restano aggrappate nonostante la pioggia scrosciante, nonostante il vento incessante, nonostante il sole asfissiante. L'amore prende esempio dalle foglie, non dagli alberi. Siamo foglie, quando l'orgoglio urla le proprie ragioni e noi zittiamo le nostre labbra. Siamo foglie, quando inconsapevoli d'aver ferito, chiniamo la testa ammettendo colpe che non conosciamo. Siamo foglie, quando inconsapevoli della nostra fragilità mettiamo la nostra esistenza nelle mani di un altro essere, quando le contraddizioni sono figlie della paura di essere allontanati, quando restiamo anche se dovremmo andar via. Siamo foglie, perché malgrado la nostra forza, a volte finiamo per cadere, ma nonostante tutto tentiamo di restare aggrappati. Non siamo alberi, siamo foglie!
È solo una questione di prospettive, di limiti e barriere che poniamo davanti ai nostri occhi, per non vedere e non essere visti, per non toccare e non essere sfiorati, per non dover scegliere e non dare agli altri la possibilità di sceglierci. È una questione di vedute; dal basso tutto sembra enorme, dall'alto siamo noi a guardare gli altri rimpicciolire, ed è inutile porre limiti, varchi, barriere issate con la forza dei muscoli e del pensiero, è inutile! Chi quei limiti ha deciso di varcarli, lo farà senza chiedere, perché porre un muro davanti agli occhi per evitare di vedere le onde sbattere contro gli scogli, non può impedirti di annusare l'odore della salsedine; stringere un coltello dalla parte del manico non può impedirti di ferirti. È solo una questione di prospettive e non puoi impedire che le cose accadano, non puoi evitare che la gente ti travolga e la pioggia ti bagni, non puoi continuare a nasconderti, prima o poi qualcuno ti troverà.
Voglio che nostro figlio cresca in un mondo dove le foto siano senza colore, ma non senza vestiti, dove la legge è uguale per tutti e non solo a vantaggio di chi ha il potere di farla rispettare; un mondo dove il mare ha l'odore della salsedine e non quello della mondezza scaricata dentro. Voglio che nostro figlio cresca in un mondo dove può sentirsi ancora il frutto dell'amore e non di un errore, dove esistano ancora uomini che hanno onore e non uomini d'onore, dove la diversità non desta paura ma curiosità, dove i colori servano a differenziare la tinta dei capelli e non quello della pelle. Voglio che nostro figlio cresca in un mondo dove non esistono missioni di pace con pistole e fucili, ma con parole e amore, un mondo dove correre può portati lontano e non sia l'unico modo per scappare da ciò che hai intorno, un mondo dove abbia la possibilità e non il bisogno di fare scelte. Voglio che nostro figlio cresca in un mondo dove la legge arrivi dopo il buonsenso e non viceversa. Voglio che nostro figlio cresca in un mondo che impari dal passato, goda del presente e guardi al futuro con occhi tranquilli.
La natura insegna, che il brivido è l'unico movimento involontario dei muscoli volontari, al quale non riusciremmo in alcun modo a opporre resistenza. Insegna, che non possiamo sottrarci alle assenze del passato, né alle contraddizioni del presente e alle speranze del futuro... Rimarremmo, comunque succubi di quelle assenze, fedeli a quelle contraddizioni e complici di quelle speranze. Insegna quindi, che siamo figli delle nostre assenze, padri delle nostre contraddizioni e amanti delle nostre speranze. E che comunque, come col brivido, non potremmo porre alcuna resistenza ad un muscolo involontario, come un cuore, che ha scelto d'amare.
Una leggenda racconta che un solo gesto degno di nota possa cancellarne milioni inetti, indicibili, incomprensibili. Racconta che un solo sorriso possa cancellarne milioni più luminosi, una sola parola, mesi di silenzi. Racconta che un solo abbraccio ridarà calore ad un corpo gelido. Ci saranno intere giornate, forse anni interi che passeranno senza lasciare traccia del loro passaggio. Ci saranno persone che si accosteranno alla nostra vita per poi ripartire, e mentre tutto accade, mentre si cerca, si aggiusta, si giustifica, si semina, si raccoglie, mentre tutto questo avviene: si vive. E continueranno a dirti che chi semina raccoglie, che le distanze non contano, che il colore della pelle è un dettaglio, che le cose arrivano per chi sa aspettare, ma nessuno ti dirà mai quanto sia difficile sorridere se non ne hai un motivo, quanto sia complicato colmare quelle distanze, quanto sia logorante mostrarsi senza apparire, quanto sia sfiancante attendere di raccogliere dopo aver seminato. Nessuno racconta la tempesta prima del lieto fine. A nessuno interessa il viaggio prima della meta. La verità di colui che è stato abbandonato, ha lacrime più vere, urla più strazianti, ragioni più forti. Ma bisogna continuare, senza dimenticare quegli anni che non hanno lasciato segni, cicatrici. Perché dai segni e dalle cicatrici si ricomincia sempre, dal nulla, mai. Quindi cerca quel gesto degno di nota, quei sorrisi, quella parola, quell'abbraccio. Non si ricomincia mai da un lieto fine, non si ricomincia mai da un: "e vissero felici e contenti", si comincia e ricomincia sempre da un: "c'era una volta...".