A fatica. Anche per accendere la luce di sera, sporgendomi oltre il buio, volgendo lo sguardo verso le serrande, intravedendo poche stelle ed una luna decisamente intermittente. Ha cassetti, il cielo e vi ripiego le stoffe della mia stanchezza insieme ai sacchettini di lavanda dell'attesa. Le mani non possono far altro che rimanerne impregnate e, col mio profumo, crearmi la pazienza. Passo sul divano ed iniziano le mie prove logiche che mi ingiungono di non prendermela con chi non c'è, che se le cose non esistono non puoi sentirne la mancanza, così, con la testa tra le mani e gli occhi a terra, il pavimento si apre nel vuoto di proiezione che ho dentro. E tentare di mettere giù un piede per accertarmi se davvero non si tocca e se oltre si estende l'abisso, se casa mia è diventata un orlo quando tutto mi sembra assenza di gravità e ciò che di umido mi sta lavando la faccia è baricentro di tutto questo. Ha cassetti chiusi, il cielo. Ha buttato fuori tutti i sogni, lasciando dentro me, che ogni tanto apro per prendere in prestito nuvole.
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