È notte alla finestra e ci sono sprazzi di autunno ovunque. Ho detto al tempo d'essere tutto sul cuore e niente sulle rughe e mi son fatta eccedenza e residuo d'ogni impressione della vita, fintanto che il troppo vuoto e il troppo pieno si fossero fatti spazio e capienza dentro agli organi del corpo. Mi sono spiata bella e nuda per molto. Sono stata viva sulla tua bocca e al richiamo, ché il nome m'è rimasto fedelmente attaccato a identificarmi unica e distinguermi dal resto. Io. Ferma. Caparbia rarità alle condizioni più imperfette, imprecisa anche nei passi, zoppicante in salita dov'era richiesto d'essere svelti. Volgo gli occhi al basso e fisso i palmi quando rifletto. Avrei voluto che tu m'imparassi, ché sul fatto di avermi non sarebbe stato poi così importante. Avrei voluto che tu m'insegnassi, ché sui soli occhi non ho mai fatto affidamento. Sul cuore, sì. Ho avuto pudore della luce quando mi hai scostato le ombre.
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